Ai Castelli romani piantiamo alberi dove altri volevano cementificare

Importanti aree verdi e siti culturali di Roma sono stati salvati di recente dalla più grande speculazione edilizia del Lazio, del valore di oltre un miliardo di euro, tentata dal costruttore Luca Parnasi con l’appoggio della vecchia politica.

Una vittoria per l’ambiente merito dell’azione congiunta di attivisti e portavoce locali, regionali e nazionali del MoVimento 5 Stelle, con il sostegno decisivo del ministero dei Beni culturali sotto la guida di Alberto Bonisoli. Ora a Marino pianteremo alberi, altro che cemento! Avverrà il 21 novembre in occasione di Alberi per il futuro, per ribadire che è di ossigeno e rispetto dell’ambiente che ha bisogno la comunità di questo territorio alle porte della Capitale, non certo di nuova speculazione edilizia e consumo di suolo.

Vediamo cosa è successo e quale pericolo, per l’ambiente e la cultura, hanno scampato i cittadini romani e dei Castelli. Le aree tra i Comuni di Marino, Castel Gandolfo, Albano e del Divino Amore, veri e propri polmoni verdi della Capitale e siti storici, erano finite nelle mire di imprese riconducibili alla galassia del costruttore arrestato con l’accusa di corruzione e finanziamento illecito.

In questa vasta porzione di territorio, infatti, nel 2011 l’allora Sindaco di Marino Adriano Palozzi (Forza Italia), poi arrestato nell’inchiesta sullo stadio della Roma, proprio insieme a Parnasi e ad altri imprenditori aveva avviato un progetto di cementificazione da 1 milione e 350.000 metri cubi, proprio nella zona denominata Divino Amore con propaggini di edificazione nell’area di Mugilla e Mazzamagna, in una delle ultime aree di agro romano dei Castelli Romani. Sotto il nome roboante del progetto noto come EcoVillage, si nascondeva l’ennesimo affare progettato per portare nelle mani di soggetti privati aree che da piano regolatore prevedono destinazioni del tutto diverse da quelle che prevedono la presenza di cantieri, calcestruzzo e costruzioni. Né lo stadio della Roma, né l’edificazione del Divino Amore, né i piani regolatori vigenti prevedevano quelle destinazioni urbanistiche, ma la politica amica degli imprenditori del cemento pensava anche in questo caso di poter fare il miracolo.

Per fortuna però è arrivata prima la politica amica dell’interesse collettivo e dell’ambiente, e la dura opposizione del MoVimento 5 Stelle ha impedito che queste zone di enorme interesse ambientale e culturale venissero sacrificate in nome degli interessi privati. Nell’ultimo anno e mezzo si sono susseguite proposte e documentazioni prodotte dal Comune di Marino con l’attività del sindaco pentastellato Carlo Colizza e della sua maggioranza: una fitta e complessa serie di atti volti a fermare la speculazione e riaffermare il primato della buona politica sugli amici degli amici.

Le critiche mosse dal Comune si fondavano sulle risultanze delle analisi tecniche svolte, dalle quali è emerso un grave pericolo per la tenuta infrastrutturale ed ambientale del territorio. Per questa ragione l’Amministrazione comunale di Marino ha richiesto la cancellazione dell’iniziativa imposta dall’ex Sindaco Palozzi e dal centrodestra contro la volontà di molta parte della popolazione.

Anche i Comitati e le Associazioni ambientaliste si sono battuti negli ultimi sette anni per contrastare questo piano ottenendo ben tre sospensive per il progetto di cementificazione del Divino Amore, sia da parte del Comune di Marino sia a seguito della Valutazione d’impatto ambientale della Regione.

Dalla Regione Lazio, grazie all’impegno e a un emendamento dei portavoce 5 Stelle, è arrivato anche un ampliamento della zona del Parco dell’Appia Antica di quasi 1.400 ettari, dal cuore di Roma fino ai Colli Albani. La parte più consistente di quel territorio erano appunto i 955 ettari in area Falcognana – Divino Amore – Mugilla, in buona parte in territorio del Comune di Marino. A questo ha fatto seguito il risolutivo intervento del ministero guidato all’epoca da Alberto Bonisoli, con cui abbiamo collaborato per mesi affinché il cosiddetto “vincolo Bondi” ratificato nel 2010 a tutela dell’Agro Romano meridionale si estendesse a queste zone di interesse storico-culturale, salvandole dal cemento.

Per mesi abbiamo lavorato fianco a fianco ai sindaci e ai cittadini per programmare il futuro di quelle aree e scongiurare la mega-speculazione, grazie alla determinazione dell’amministrazione di Marino guidata da Carlo Colizza e del consigliere regionale Marco Cacciatore.

Vincere questa battaglia non è stato facile: di fronte avevamo soggetti che, sapevamo, non avrebbero rinunciato facilmente ai loro propositi. Il 19 luglio 2019 infatti, Parnasi e Palozzi hanno chiesto al Comune di Marino la liquidazione dei danni per circa 300 milioni di euro arrecati per la mancata realizzazione del piano di lottizzazioni, in quanto il Comune aveva sospeso i programmi edificatori. L’estensione del vincolo operata da Bonisoli ha avuto il merito di aver anche scongiurato il pericolo di dover pagare una cifra del genere a chi voleva deturpare il territorio.

L’ultimo atto di una lunga battaglia che dimostra che il Movimento, quando lavora di squadra e insieme agli attivisti, alle associazioni di cittadini, è più forte di ogni lobby e sistema di potere. Ora continueremo a tenere gli occhi aperti, ma intanto celebreremo questa vittoria piantando alberi nella zona di Marino. Il 21 novembre con il sindaco di Marino pianteremo ‘Alberi per il futuro’ presso la scuola Elsa Morante in via Niccolo Tommaseo 44 e al Parco Lupini, insieme a tutti i cittadini che amano la loro terra e la vogliono verde, pulita e libera dagli affaristi.

La Littizzetto non si cura dei lavoratori italiani nel volere lo sbarco dei migranti

L’immigrazione di massa è, allo stato attuale, un processo di deportazione che avviene per il tramite di navi private che mirano soltanto alla legge del Capitale.

I migranti, in quest’ottica, vengono trattati come schiavi. Essi sono strappati dalle loro terre, destabilizzati a colpi di bombardamento umanitario. Vengono poi condotti in Europa dove saranno sfruttati e usati dalla classe dominante per abbassare il costo della forza lavoro e per creare conflitti tra loro e i lavoratori italiani.

Del resto, c’è chi non si cura minimamente delle condizioni in versa la classe lavoratrice italiana. Vuole, anzi, far sbarcare le navi con a bordo i migranti in Italia per soddisfare i capricci della classe dominante. Di recente, infatti, Luciana Littizzetto ha lanciato un appello per la vicenda dei migranti bloccati sulla Open Ams, affermando: “Fateli scendere“.

E’ il caso che figure come la Littizzetto, anziché far pagare i loro capricci cosmopoliti ai lavoratori, facessero una colletta, mettendo mano ai cospicui compensi percepiti con i loro programmi tv politicamente corretti.

RadioAttività, la pillola del giorno di Diego Fusaro – 17/08/2019.




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Quando l’Autorità gioca d’azzardo

di Fabrizio Dalle Nogare – A distanza di un anno dall’entrata in vigore del divieto di pubblicità del gioco con vincita in denaro stabilito dal “Decreto Dignità”, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha adottato delle Linee guida sulle modalità di attuazione del Decreto.

Conclusioni, quelle di Agcom, che hanno sollevato pesanti rilievi in quanto avrebbero stravolto il senso originario della disposizione legislativa mirata a vietare qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo. Una decisione che sembra non aver garantito la necessaria dose di trasparenza, partecipazione e contraddittorio nell’ambito delle audizioni svolte con i soggetti interessati al procedimento (associazioni di consumatori e utenti, centri di studio e di recupero, rapporti medici specializzati ecc….). Si aggiunga che la decisione adottata da Agcom sarà presumibilmente oggetto di ricorsi innanzi al giudice amministrativo.

Quel che ancor più colpisce, inoltre, è che tale atto sia stato adottato in prossimità della decadenza dell’attuale organo collegiale (venuto meno il 24 luglio scorso), potendosi in tal modo compromettere l’imparzialità di giudizio del nuovo organo collegiale che sarà rinnovato dal Parlamento. E difatti, l’azione della nuova Agcom sarà inevitabilmente vincolata da una decisione tanto importante e rilevante sotto il profilo sociale e sanitario; un’eredità lasciata dai vecchi componenti che non potrà essere ignorata sic et simpliciter nella costruzione della futura politica regolamentare in materia.

Ma cosa ci dice in proposito il nuovo Codice delle Comunicazioni elettroniche?

Nel rafforzare l’indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione, il Codice prevede, ai fini della continuità dell’esercizio delle sue funzioni, un adeguato sistema di rotazione per i membri dell’organo collegiale per evitare che i rispettivi mandati e quelli dei loro successori scadano contemporaneamente.

Una continuità dell’esercizio delle funzioni che però al momento non è garantita dal nostro ordinamento. Infatti, il nuovo organo collegiale di Agcom sostituirà in toto il precedente senza, quindi, l’applicazione di alcun meccanismo di rotazione. Una mancata continuità resa ancor più critica dal fatto che l’attuale organo collegiale è formato da membri votati, in prevalenza, da forze politiche di maggioranza, ora passate all’opposizione.

Dunque, in prossimità della decadenza dell’attuale collegio di Agcom, l’adozione di provvedimenti rilevanti come quello sulla pubblicità del gioco d’azzardo avrebbe dovuto essere rimandata al nuovo organo, così da garantire la sua piena autonomia ed imparzialità di giudizio nell’esercizio delle sue funzioni. Ma questo non è avvenuto! E la difformità dal quadro normativo europeo assume rilevanza alla luce anche di altre importanti decisioni che Agcom ha assunto proprio in prossimità della scadenza del suo mandato (si pensi all’analisi di mercato delle Tlc e all’indagine sulla pubblicità on line, per dirne solo di alcune).

Che fare quindi ora per ripristinare un corretto contemperamento dei legittimi interessi, ma soprattutto per tutelare e proteggere la sicurezza e la salute di migliaia di persone e delle loro famiglie dal gioco d’azzardo?

La nuova Agcom potrebbe utilizzare lo strumento dell’”Autotutela amministrativa” prevista dal nostro ordinamento quale facoltà delle pubbliche amministrazioni e delle Autorità indipendenti. Si tratterebbe di una azione di autotutela decisoria diretta e quindi di un intervento unilaterale e assunto in piena autonomia (salvo ovviamente ogni sindacato giurisdizionale) a tutela della propria sfera d’azione. La nuova Autorità potrebbe così annullare la decisione presa dalla precedente e sostituirla con una diversa deliberazione che tenga conto delle istanze sinora non sufficientemente prese in considerazione. Si potrebbe così, senza intervenire con nuovi atti legislativi né esperire lunghi e incerti ricorsi amministrativi, annullare gli esiti della consultazione sinora svolta e avviare in parallelo un nuovo, rinnovato e, a questo punto, più equilibrato procedimento consultivo.

La nuova storia politica che potrebbe cambiare tutto

di George Monbiot – Siamo intrappolati in un modello economico rotto. Un modello che esclude miliardi di persone, mentre una manciata diventa inimmaginabilmente ricca.

Questo ci divide in vincitori e perdenti, e quindi incolpa i perdenti per la loro sfortuna, della loro incapacità. Perchè se chi è ricco, lo è perché in fondo ci sa fare, chi è povero in fondo lo è perché non ci sa fare e sotto sotto non gli va di fare nulla.

Benvenuti nel neoliberismo, la dottrina degli zombi che non sembra mai morire, per quanto venga screditata a fondo, trova sempre nuova linfa.

Chi aveva immaginato che la crisi finanziaria del 2008 avrebbe portato al crollo del neoliberismo, ha sbagliato. Anche se nel 2008 il sistema ha esposto la sua vera natura, liberalizzando la finanza, abbattendo le protezioni pubbliche, gettandoci in una competizione estrema l’uno con l’altro, questo non è bastato. Anche se la maschera è crollata, tuttavia, domina la nostra vita.

Perché? Bene, credo che la risposta sia che non abbiamo ancora prodotto un nuovo sistema con cui sostituirlo. Non c’è un’altra storia.

Le storie sono i mezzi con cui navighiamo nel mondo. Ci permettono di interpretare i suoi segnali complessi e contraddittori. Quando vogliamo dare un senso a qualcosa, il senso che cerchiamo non è un senso scientifico, ma un sorta di fedeltà narrativa. Ciò che stiamo ascoltando riflette il modo in cui ci aspettiamo che gli esseri umani e il mondo si comportino? Così l’unica cosa che può sostituire una storia, è una storia. Non puoi togliere la storia di qualcuno senza darne una nuova. E non ci vogliono storie qualsiasi, ma particolari strutture narrative. Ci sono un certo numero di trame di base che usiamo ancora e ancora, e in politica c’è una trama di base che si rivela tremendamente potente, io la chiamo “la storia del restauro”.

Ecco come funziona.

Il disordine affligge la terra, forze potenti e nefaste vogliono distruggere l’umanità. Ma c’è un eroe che si ribellerà a questo disordine, combatterà quelle potenti forze, e contro tutte le probabilità e ristabilirà l’armonia. Hai già sentito questa storia? È la storia della Bibbia. È la storia di “Harry Potter”. È la storia di “Il Signore degli Anelli”. È la storia di “Narnia”. É la storia di molte delle fantastiche saghe che amiamo. Ma è anche la storia che ha accompagnato quasi ogni trasformazione politica e religiosa per millenni. Dopo che l’economia del laissez faire ha innescato la Grande Depressione, John Maynard Keynes si è seduto per scrivere una nuova economia, e quello che ha fatto è stato raccontare una storia di restauro. Ora come tutte le buone storie di restauro, questa risuonava in tutta la politica. Democratici e repubblicani, operai e imprenditori divennero tutti keynesiani. Poi, quando il keynesismo ha avuto problemi negli anni ’70, i neoliberisti, come Friedrich Hayek e Milton Friedman, si sono fatti avanti con la loro nuova storia di restauro.

Ora non indovinerai mai cosa sta per succedere.

Il disordine affligge la terra, forze potenti e nefaste schiacciano la libertà e le opportunità. Ma l’eroe della storia, l’imprenditore, l’uomo della strada, il grande sportivo o qualsiasi altro, combatterà quelle potenti forze e attraverso la creazione di ricchezza e opportunità, ripristinerà l’armonia.

Lo schema penso sia chiaro.

Ma dopo il 2008 non c’è stata nessuna nuova storia di restauro. Il meglio che avevano da offrire era un neoliberismo annacquato o un keynesismo al microonde. Ed è per questo che siamo bloccati. Senza quella nuova storia, siamo bloccati con una vecchia storia fallita che continua a fallire. La disperazione è lo stato in cui cadiamo quando la nostra immaginazione fallisce. Quando non abbiamo una storia che spieghi il presente e descriva il futuro, la speranza evapora. Il fallimento politico è fondamentalmente un fallimento dell’immaginazione.

Senza una storia di restauro che può dirci dove dobbiamo andare, nulla cambierà. La storia che dobbiamo raccontare è una storia che dovrà fare appello alla più vasta gamma di persone possibile, attraversando le diversità politiche. Dovrebbe essere semplice e comprensibile, dovrebbe far leva sui bisogni e i desideri, ma dovrebbe anche essere fondata sulla realtà. Ora, ammetto che tutto ciò sembra un po’ irragiungibile. Ma credo che nelle nazioni occidentali, in realtà ci sia una storia come questa in attesa di essere raccontata.

Negli ultimi anni, c’è stata un’affascinante convergenza di scoperte in diverse scienze, in psicologia e antropologia, nelle neuroscienze e in biologia evolutiva, e tutte ci dicono qualcosa di davvero sorprendente: che gli esseri umani hanno questa enorme capacità di altruismo. Certo, tutti abbiamo un po’ di egoismo e di avidità dentro di noi, ma nella maggior parte delle persone, questi non sono i valori dominanti. Siamo sopravvissuti alle savane africane, nonostante fossimo più deboli e più lenti dei nostri predatori e della maggior parte delle nostre prede. Il bisogno di cooperare è stato cablato nelle nostre menti attraverso la selezione naturale. Questi sono i nostri valori, i valori che dovrebbero fondare l’umanità.

Ma qualcosa è andato terribilmente storto.

La narrativa politica dominante dei nostri tempi ci dice che dovremmo vivere in un individualismo estremo e in una costante competizione l’uno con l’altro. Ci spinge a combattere, a temere e diffidare l’un l’altro. Atomizza la società. Indebolisce i legami sociali, spezza le nostre radici. In questo vuoto crescono queste forze violente e intolleranti. Siamo una società di altruisti, ma siamo governati da psicopatici. Abbiamo questa incredibile capacità di stare insieme. Bene, è proprio facendo affidamento su questa capacità che possiamo costruire un’economia che rispetti sia le persone che il pianeta. E possiamo creare questa economia attorno a quella grande sfera trascurata che sono i beni comuni. Il bene comune non è né mercato né stato, né capitalismo né comunismo, ma è comunità e partecipazione. Pensa alla banda larga della comunità o alle cooperative energetiche della comunità o alla terra condivisa per la coltivazione di frutta e verdura.

La democrazia rappresentativa dovrebbe essere mitigata dalla democrazia partecipativa in modo da poter affinare le nostre scelte politiche e tale scelta dovrebbe essere esercitata il più possibile a livello locale. Se qualcosa può essere deciso localmente, non dovrebbe essere determinato a livello nazionale. Possiamo usare nuove regole e metodi elettorali per garantire che il potere finanziario non superi mai il potere democratico. Ora, penso che questo abbia il potenziale per attirare una vasta gamma di persone, e la ragione di ciò è che, tra i pochissimi valori che condividono sia la destra che la sinistra, ci sono “appartenenza e comunità”. Forse possono significare cose leggermente diverse da loro, ma almeno iniziamo con un linguaggio in comune. Quindi, in sintesi, la nostra nuova storia potrebbe iniziare con qualcosa del genere:

Il disordine affligge la terra. Forze potenti e nefaste affermano che non esiste una società, che il nostro scopo nella vita è di esistere in modo ordinario, di combattere gli uni con gli altri per poche briciole. Ma gli eroi della storia, noi, ci ribelleremo contro tutto questo. Combatteremo queste forze nefaste costruendo comunità ricche, coinvolgenti, inclusive e generose e, nel fare ciò, ripristineremo l’armonia con la terra.

Abbiamo bisogno di una nuova storia di restauro, che ci guidi fuori dal caos in cui ci troviamo, una storia che ci spieghi perché siamo nel caos e come uscirne. E quella storia, se la diciamo nel modo giusto, infetterà le menti delle persone e tutta la politica. Dobbiamo però scegliere la storia giusta questa volta.

Università: Sostegno totale a Fioramonti per impegno di 1 miliardo per la Ricerca

Supportare la ricerca vuol dire traghettare verso il futuro il nostro Paese: per questo condividiamo in pieno e sosteniamo l'impegno che si è assunto il nostro viceministro Lorenzo Fioramonti per ottenere un miliardo in più per finanziare la ricerca nelle Università. Prevedere, come il viceministro propone, delle agevolazioni fiscali anche per tutte le imprese, non solo le 'in-house', che collaborano con le università, permetterà di dare un forte impulso alla ricerca grazie a un sistema virtuoso che vedrà lavorare fianco a fianco pubblico e privato.

Non stiamo parlando di ipotesi, ma di dati di fatto: ogni euro investito in ricerca ne genera 3-4 in impatto economico. La spesa pubblica italiana per l'istruzione è tra le più basse d'Europa (3,9% del Pil rispetto a una media europea del 4,7%). Consci di questo, abbiamo già portato a casa risultati importanti: il più grande piano degli ultimi tempi di reclutamento straordinario di ricercatori di tipo B e l'aumento di 240 milioni del FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) sono solo due esempi. Ma siamo determinati a proseguire su questa strada, aumentando gli investimenti per una ricerca che sia aperta e accessibile a tutti, come quella che stiamo promuovendo con la legge sull'open access, in attesa del via libera del Senato. Ed è fondamentale che il Governo consideri prioritaria questa strada per il bene del Paese", conclude Lattanzio.

Affido minori: ora controlli a tappeto in tutta Italia

Mai più bambini strappati ai genitori attraverso sistemi basati su violenze, abusi, lesioni, manipolazioni, raggiri, pressioni psicologiche! Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede rispondendo in aula alla Camera ad una interrogazione a prima firma Stefania Ascari (Movimento 5 Stelle) sull’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ ha annunciato un monitoraggio capillare ad ampio raggio in tutta Italia sull’andamento generale delle procedure di affido di minori. Una azione partita proprio da Bologna e Reggio Emilia al centro dell’inchiesta che ha travolto la Val d’Enza e sconvolto l’Italia. Intanto i parlamentari del Movimento 5 Stelle alla Camera hanno presentato una disegno di legge per istituire una Commissione d’inchiesta parlamentare sugli affidi di minori e le responsabilità di chi ha abusato di loro.

Questa la risposta in aula del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede:

“E’ importante tornare a parlare di un argomento che sta scuotendo notevolmente la coscienza sociale del Paese e rispetto al quale il Ministero della Giustizia, nei limiti delle sue competenze, ha prontamente attivato tutti i suoi poteri di verifica e approfondimento delle questioni relative alla correttezza dei procedimenti di affido e, più in generale, dell’operato giurisdizionale.
In questa direzione tengo a ribadire che già da una settimana l’ispettorato è al lavoro per gli accertamenti del caso e che, anche tenuto conto della delicatezza degli interessi coinvolti, si opererà con il massimo rigore possibile, fermo restando il rispetto delle prerogative della magistratura nel cui merito non entro.
Devo specificare e preciso (….) che ci sono delle competenze che vengono fissate per legge e le competenze rispetto al lavoro degli assistenti sociali non sono del Ministero della Giustizia ma sono degli Enti Locali.
Questo non vuol dire che il Ministero della Giustizia non farà di tutto, insieme a tutto il Parlamento, per cercare di individuare strumenti e meccanismi che possano consentire un monitoraggio dettagliato di quello che accade, perché chiaramente cerchiamo di garantire giustizia anche oltre quelle che sono le competenze del Ministero.
Sul piano normativo mi risulta che ieri è stata avanzata dal parlamentare Devis Dori (Movimento 5 Stelle), in Commissione giustizia, la richiesta al fine di deliberare un’indagine conoscitiva congiunta con la Commissione affari sociali sul sistema di gestione dei minorenni sottratti illegittimamente alle famiglie di origine con le relative audizioni, ciò al fine di stimolare proposte normative in tema di una più stringente disciplina delle procedure di affido dei minori, in particolare di quelle cautelari, nonché circa l’impiego di metodi suggestivi utilizzati sui minori durante le sedute di psicoterapia.
Proposte, queste, che sarà mio impegno tenere in debita considerazione per interventi normativi, in collaborazione costruttiva con il Parlamento, con tutto il Parlamento.
Ad ogni modo, per tenere alto il livello di guardia sulla questione, mi sono prefissato l’obiettivo di un monitoraggio capillare e ad ampio raggio sull’andamento generale delle procedure di affido su tutto il territorio, incrociando il più possibile i dati che provengono dai diversi uffici giudiziari, al fine di poter fare emergere ogni eventuale profilo di dubbio sulla correttezza dell’operato degli addetti ai lavori”.

Demolito il Ponte Morandi. Ora è tempo di giustizia #StopConcessione

Il ponte Morandi è stato definitivamente demolito e presto comincerà l’opera di ricostruzione, ma l’obiettivo fondamentale, oggi come ieri, è fare giustizia: lo dobbiamo alle persone che hanno perso la vita, ai loro familiari, ai cittadini che ci danno fiducia ogni giorno.

Per fare giustizia occorre punire chi ha consentito che in un Paese come l’Italia un ponte crollasse in testa a 43 persone, uccidendole. Dal punto di vista penale ci penserà la magistratura, ma dal punto di vista politico lo deve fare il governo. E lo farà, perché a Genova è stata la mancanza di manutenzione ad uccidere. Lo ripetiamo forte e chiaro, a scanso di equivoci.

Abbiamo già raccontato il sistema Benetton e la convenzione vergogna che è stata garantita alla società Autostrade per l’Italia (Aspi) dai partiti del passato. A quasi un anno dalla tragedia, però, è bene rinfrescare la memoria:

Aspi ha incassato circa 9,5 miliardi di euro di utili da quando si chiama Autostrade per l’Italia. Se invece si considerano i conti dal 1999, quando è stata privatizzata la gestione della grande rete stradale, la società ha guadagnato oltre 10 miliardi. La gran parte dei quali affluiti sotto forma di dividendi nella holding Atlantia, che li ha utilizzati per remunerare i suoi soci e finanziare l’attività di diversificazione della società.

E gli investimenti? I numeri dicono che negli ultimi anni i profitti sono cresciuti, ma gli investimenti sono calati. Il Ministero dei Trasporti ha fatto sapere che nel 2016 Autostrade ha incassato 3,1 miliardi con 624 milioni di utile al netto delle tasse grazie anche all’aumento dei pedaggi. Al casello il prezzo è salito in 10 anni del 30%. Lo stesso non si può dire per la manutenzione. Le cifre che tutti i gestori (non solo Autostrade per l’Italia) hanno speso in investimenti sono calate e anche la manutenzione di base è scesa in un anno del 7%.

E sapete quanto ha speso Aspi per la manutenzione strutturale del Ponte Morandi? 23 mila euro annui. Nulla. Prima della privatizzazione del 1999, invece, si spendevano 1,3 milioni di euro tutti gli anni sullo stesso Ponte (fonte Commissione ispettiva Ministero dei Trasporti sulle ragioni del crollo). Questa è la tragica differenza tra una gestione attenta agli interessi dei cittadini e una gestione finalizzata esclusivamente al profitto privato.

Autostrade per l’Italia ha lucrato guadagni incredibili da convenzioni blindate per legge, che garantivano i seguenti vantaggi:

1 – Il ritorno al costo medio ponderato del capitale oltre il 10% lordo, corrispondente ad una rendita del 7-8% netto a fronte di rendimenti dei titoli di Stato intorno al 2-3%. Ritorni di capitale altissimi, fuori mercato;

2 – Condizioni capestro nel caso in cui si volesse revocare anticipatamente la concessione, con l’obbligo per lo Stato di risarcire al concessionario i presunti profitti che avrebbe percepito fino alla fine della concessione (nel caso di Aspi fino al 2038);

3 – Extra profitti sui dati del traffico: nei piani finanziari i concessionari tenevano basse le previsioni di traffico per poter giustificare aumenti di tariffa e quando il volume di traffico reale si dimostrava superiore alle previsioni i ricavi tornavano solo in piccola parte in un fondo speciale, mentre la maggior parte veniva intascata dai concessionari;

4 – Scarsi controlli da parte del concedente del Ministero per quanto riguarda la manutenzione: i controlli venivano fatti spesso e volentieri senza andare a provare sul campo le condizioni delle autostrade. Il Ministero “si fidava” delle carte del Concessionario;

Vantaggi tanto più odiosi tenendo conto che la rete autostradale è un monopolio naturale, cioè una infrastruttura che per sua natura non rientra nelle logiche della concorrenza e del libero mercato, perché a livello di costi è conveniente che se ne occupi un solo attore. Regalare un monopolio naturale ad un privato è un delitto, ma farlo alle condizioni folli appena ricordate è anche peggio.

Alle nostre migliaia di piccole e medie imprese si chiede di competere e di pagare costi altissimi per sopravvivere, mentre ai Benetton si garantisce un rendita facile ogni anno, sulle spalle di un servizio pubblico fondamentale.

Dobbiamo mettere fine a tutto questo, e in questo anno di governo abbiamo già iniziato a correggere alcune distorsioni, bloccando ad esempio gli aumenti ai caselli autostradali fino a giugno. Ora tutti i concessionari, compresa Autostrade per l’Italia, hanno deciso che fino al 15 settembre non scatteranno i rincari previsti dal primo luglio. Quando lo Stato torna a farsi sentire i privati si adeguano, se non vogliono pagare dazio.

Ma nel caso di Autostrade il sacrosanto stop agli aumenti delle tariffe non può bastare. Come governo abbiamo il dovere di sottrarre le autostrade italiane dalle mani di chi ha guadagnato cifre mostruose senza investire adeguatamente nella manutenzione e nella sicurezza dei cittadini. Lo stop alla concessione pubblica è un dovere morale.

Business sulla pelle dei bambini: mettiamo fine a questi orrori

MoVimento 5 Stelle ( )Governo 5 Stelle

Andrea Carletti, sindaco PD di Bibbiano
, è tra gli arrestati nell’inchiesta ‘Angeli e Demoni‘ sulla rete dei servizi sociali in provincia di Reggio Emilia. Quello che veniva spacciato per un modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, altro non era che un illecito business ai danni dei bambini. Quello che emerge dall’inchiesta è vomitevole. Politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti di una Onlus di Torino avrebbero messo in piedi un sistema scandaloso per lucrare sui bambini. Si parla di ore e ore di intensi ‘lavaggi del cervello’ durante le sedute di psicoterapia, bambini suggestionati anche con l’uso di impulsi elettrici, spacciati ai piccoli come ‘macchinetta dei ricordi’. Secondo le accuse, i bambini venivano allontanati dalle famiglie e collocati in affido retribuito presso amici e conoscenti per un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro. Tra gli affidatari anche titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche e con figli suicidi. Ci sarebbero anche due casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie ed in comunità. Un business sulla pelle di bambini indifesi: le accuse parlano frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso. Per i pm le condotte degli indagati avrebbero causato lesioni ad almeno 5 minori. Uno schifo! Utilizzare i più deboli, chi non può difendersi, per fare affari è il più grande crimine che si possa commettere.

Dall’inizio della legislatura ci stiamo occupando di tutela di minori, in particolare con la deputata Stefania Ascari che ha firmato molte iniziative:

1 – Abbiamo presentato una mozione in cui abbiamo chiesto al Governo di intervenire sui soggetti per i quali è stato accertato il compimento di reati contro i minori, prevedendo percorsi di cura e assistenza sociale, psicologica e psichiatrica, volti al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento nella società di queste persone; di attivare iniziative informative sia per sensibilizzare l’opinione pubblica; di potenziare e monitorare l’attività dei servizi sociali comunali; di promuovere un approccio preventivo, sistemico e interdisciplinare ed istituire di una banca dati che possa raccogliere informazioni sul fenomeno dei maltrattamenti, delle violenze sui minori, dell’abuso sessuale e dell’adescamento, per predisporre politiche adeguate di prevenzione e contrasto.

2 – Abbiamo prodotto una interpellanza parlamentare sul caso “Veleno”, riguardante 16 bambini sottratti alle rispettive famiglie tra Massa Finalese e Mirandola, nella bassa modenese, su indicazione dei servizi sociali, e mai più restituiti, nonostante nel corso del tempo sia stata dimostrata l’inconsistenza delle accuse. Infatti, le dichiarazioni rese dai minori non sarebbero state supportate da alcuna prova, mentre le stesse testimonianze dei bambini derivavano da quanto riportavano gli assistenti sociali senza che vi fosse traccia di registrazioni dei colloqui con i minori. Metà degli accusati è stata poi prosciolta da ogni accusa ma nel frattempo alcuni sono morti: una madre si è suicidata gettandosi dal quinto piano di un palazzo; il sacerdote accusato di dirigere la setta, Don Govoni, è morto d’infarto e post mortem prosciolto da ogni addebito; altre due madri sono morte in carcere mentre un altro indagato è stato colpito da un attacco cardiaco.

3 – Abbiamo presentato una proposta di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiestasugli allontanamenti di minori dalle famiglie e sugli affidamenti a comunità, con particolare riferimento ai casi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998.

4 – E nel Codice Rosso approvato alla Camera abbiamo inserito i seguenti emendamenti: gli atti sessuali con minori non sono più perseguibili tramite querela ma d’ufficio. In questo modo anche per i minori di 14 anni non è necessaria la querela dei genitori/tutori ma i magistrati potranno procedere d’ufficio; i minori di anni 18 sono sempre considerati vittime del reato; abbiamo previsto un aggravante qualora il reato di maltrattamento sia commesso in presenza di minori; abbiamo aumentato fino al massimo di 24 anni la pena per la violenza sessuale contro minori; viene implementato il fondo per gli orfani delle vittime di femminicidio; nel caso di atti sessuali pagati con minore consenziente, la mercificazione è diventata un’aggravante.

La nostra attenzione per i minori ha radici profonde e, soprattutto dopo ciò che è emerso da questa inchiesta, occorre agire in fretta. Questi orrori sono inaccettabili ed interverremo con forza. Fa specie che dal segretario del PD Zingaretti non sia arrivata una parola che sia una di presa di distanza dal suo sindaco finito ai domiciliari. Stiamo parlando di un’inchiesta su minori, ci sono di mezzo dei bambini: è possibile che Zingaretti si tenga nel partito un primo cittadino coinvolto in questa orribile vicenda? Lo cacci subito!

Canapa: Bene chiarezza su limite Thc. Ora lavoriamo per normare uso alimentare e cosmetico

"Come abbiamo più volte ribadito occorre chiarire normativamente l'uso alimentare e cosmetico dei prodotti derivanti dalla canapa sativa.
Dopo la pronuncia della Cassazione dello scorso 30 maggio, il Tribunale del Riesame di Genova ha stabilito che si possono mettere in commercio prodotti privi di "efficacia drogante", identificando questa con un livello di Thc non superiore allo 0,5.
Giunto questo importante elemento di chiarezza, possiamo riprendere i lavori in Commissione Agricoltura per definire quali regole di sicurezza, salubrità e tracciabilità vanno applicate a questi derivati. Lasciamo fuori dal nostro lavoro l'uso ludico e terapeutico, che sono altre materie e riguardano altre specie di canapa". Lo afferma in una nota il presidente della commissione Agricoltura della Camera e deputato del MoVimento 5 Stelle, Filippo Gallinella

Diego Fusaro: la parabola dei ciechi

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La Parabola dei ciechi è un dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio del 1568. Una raffigurazione in cui si racconta la vicenda di ciechi che seguono un altro cieco precipitando nell’abisso.

L’odierna società ci pone tutti nella stessa condizione tratteggiata dal pittore olandese. Siamo ciechi che seguono altri ciechi che precipitano nell’abisso della nostra civiltà “tecnocapitalista”.

Giorgia Meloni come il PD: vuole reitrodurre il finanziamento pubblico ai partiti. E c’è la “sorpresa” di Zanda…

Non c’è nulla da fare, è più forte di loro: i partiti vogliono intascare a tutti i costi i soldi delle tasse dei cittadini. Non solo il Partito Democratico, ma anche Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge per reintrodurre il finanziamento pubblico. Un altro scandalo assoluto! Hanno fatto tutta la campagna elettorale dicendo di essere dalla parte dei cittadini ed ora vorrebbero presentare un conto salatissimo! Il partito di Giorgia Meloni, la quale ha firmato l’iniziativa parlamentare, ha depositato alla Camera la proposta di legge n. 325 sulle “norme in materia di riconoscimento della personalità giuridica e di finanziamento dei partiti politici”. Quando si tratta di prelevare soldi dalle tasche dei cittadini per depositarli sui propri conti in banca i partiti sono tutti uguali: la Meloni è esattamente come Zanda, Fratelli d’Italia come il PD. Sono senza vergogna! Gli italiani hanno votato contro il Finanziamento pubblico con un referendum ma la Meloni, Zanda, Zingaretti non ci vedono e non ci sentono! Chiacchierano tanto di diritti degli italiani ma le uniche proposte che fanno sono quelle per mettersi i soldi in tasca. La proposta depositata al Senato dal PD prevede un gruzzolo da 90 milioni dei soldi dei cittadini che i partiti possono spartirsi per finanziarsi le campagne elettorali, viaggi, alberghi, leasing delle auto. La proposta della Meloni  darebbe la possibilità ai partiti di beneficiare dei rimborsi delle spese per le consultazioni elettorali (eliminati solo 5 anni fa), di accedere alla destinazione del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e alle altre risorse pubbliche comunque destinate alla politica.

E vi ricordate della proposta di Luigi Zanda per aumentare gli stipendi dei parlamentari italiani equiparandoli a quelli europei (il compenso mensile è di 8mila euro lordi, ovvero 6250 netti, a cui aggiungere 304 euro al giorno di diaria e 4mila 299 euro per le spese generali; nel complesso, calcolando anche altri vantaggi, un parlamentare europeo guadagna tra i 16mila e i 19mila euro al mese), proposta ritirata grazie alle nostre pressioni? Il tesoriere di Zingaretti ha annunciato durante un convegno alla Sapienza che ripresenterà la legge vergogna (che intende riportare in vita anche i vitalizi che abbiamo abolito), spiegando di averla ritirata solo perché il PD era in campagna elettorale! Ci vuole davvero un bel coraggio! Zanda, Meloni, Rampelli, La Russa, Zingaretti: ricordatevi questi nomi. Vogliono i vostri soldi e non molleranno. Con il Movimento 5 Stelle al Governo queste proposte oscene non passeranno mai.

Imprese, indice manifatturiero Italia sale a 49,7 punti a maggio: sopra le previsioni degli analisti. Germania a 44,3

"Le imprese manifatturiere hanno espresso una fiducia maggiore circa un maggiore livello della domanda per il prossimo anno, registrando il livello di ottimismo futuro più alto in otto mesi". ha commentato Amritpal Virdee, economista di Ihs Markit. L'eurozona nel complesso registra un calo da 47,9 a 47,7 punti

A maggio l’indice dei direttori acquisti (Pmi) che monitora l’attività manifatturiera è risalito a sorpresa in Italia a 49,7 puntidai 49,1 del mese prima, pur restando sotto la soglia di 50 che che fa da spartiacque tra l’espansione e la contrazione. Le previsioni degli analisti indicavano un calo ulteriore a 48,5. Male invece la Germania, dove l’indice Pmi manifatturiero è stabile a 44,3 continuando a segnalare contrazione dell’attività. Il Pmi manifatturiero francese è stabile a 50,6, quello spagnolo scende a 50,1 da 51,8. Per il complesso dell’Eurozona, secondo i dati elaborati da Ihs Markit, nella lettura finale di maggio l’indice Pmi manifatturiero si è attestato a 47,7 punti, in linea con la lettura flash ma in calo rispetto ai 47,9 punti di aprile.

“Il settore manifatturiero italiano ha registrato la contrazione più debole da settembre 2018, con gli indici anticipatori delle tendenze che suggeriscono aspettative più ottimistiche con l’approccio dell’estate – ha commentato Amritpal Virdee, economista di Ihs Markit -. I fattori più incoraggianti sono le tendenze al rialzo della produzione e dei nuovi ordini. Entrambi gli indici hanno riportato contrazioni marginali, con tassi di declino rispettivamente ai livelli più lenti in sette e otto mesi”. I dati di maggio, prosegue Virdee, hanno inoltre segnalato un rallentamento delle pressioni inflazionistiche, perché sia i costi di acquisto che quelli di vendita hanno riportato l’inflazione più bassa in quattro mesi. L’economista sottolinea inoltre che “le imprese manifatturiere hanno espresso una fiducia maggiore circa un maggiore livello della domanda per il prossimo anno, registrando infatti il livello di ottimismo futuro più alto in otto mesi“.

Articoli di F. Q.

CBD della Cannabis: un mercato di enorme valore

di Francesco Carcano – Privo di “effetti droganti”, come recita la sentenza della Corte Costituzionale, il CBD estratto dalle coltivazioni legali di Canapa potrebbe essere un mercato di enorme valore, sia sotto il profilo economico sia sotto quello medicale e sociale. Riuscirà la politica a uscire dalle sue ambiguità propagandistiche ed entrare nel merito scientifico di questo dibattito internazionale?

La sorprendente ricchezza di elementi della Canapa mantiene vivo un ampio dibattito che coinvolge la comunità scientifica, quella sociale e politica, e che vede fortemente interessato il mondo della grande finanza. L’utilizzo a scopo medico e compassionevole per terapia del dolore della Canapa e dei suoi derivati è ormai parte di centinaia di ricerche scientifiche mentre la società e la comunità politica si interrogano, a livello europeo e mondiale, sulle opportunità di legalizzazione o parziale decriminalizzazione della cannabis a uso personale, in particolare per chi soffre di determinate patologie e non trova nel sistema sanitario il medicamento derivato dalla Cannabis, pur prescritto dal medico.

Accanto a questo emerge il fenomeno di una componente specifica della cannabis, estratta con scopi prevalentemente antidolorifici e terapeutici: la CBD. Questa sigla è ormai visibile nelle vetrine di grow shop e tabaccherie delle città italiane e lo sarà probabilmente presto anche su bevande destinate al consumo di massa, con il marketing che giocherà sull’associazione alla Canapa pur essendo la CBD priva di effetti psicoattivi che sono invece tipici dell’altro componente della Canapa, il tetraidrocannabinolo (THC). Ottenuta sotto forma di olii per estrazione dalla lavorazione della canapa, alla CBD sono riconosciuti effetti rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti, e antinfiammatori. Assunta come olio o in capsule gel favorisce il sonno ed è distensiva contro ansia e panico. La CBD viene utilizzata per il trattamento dell’epilessia in uomini e animali domestici, per la schizofrenia e il disturbo d’ansia sociale e, in quantitativi percentualmente bassi, per la gestione dell’ansia e del sonno difficile.

L’Europa, con i suoi 740 milioni di abitanti (oltre il doppio di Canada e Stati Uniti), è destinata a diventare il più grande mercato mondiale di Cannabis legale e dei suoi derivati nei prossimi anni (fonte: Prohibition Partners: The European Cannabis Report, January 2019) ed il trend è reso evidente dalle modifiche legislative in fase avanzata in almeno sei paesi dell’Unione, e soprattutto dall’interesse dei grandi player economici. Gli investimenti già raccolti da aziende europee attive nel settore della cannabis hanno infatti superato i 500 milioni di euro.

Se lo sviluppo della Canapa legale in tutti i paesi europei resta vincolato ai possibili mutamenti derivanti dal quadro politico, con le forze più conservatrici tradizionalmente avverse ad ogni forma di legalizzazione, la CBD gode in Italia di una potenziale maggiore autonomia di sviluppo grazie alla sua natura non psicoattiva e alla legislazione vigente che non la cita nella normativa sulla coltivazione della canapa.

Grande eco meditativa sul tema è derivata a livello internazionale dal caso di Charlotte Figi, una bambina di sei anni affetta da violente convulsioni epilettiche e affetta dalla Sindrome di Dravet, una rara patologia nota anche come EMSI (epilessia mioclonica severa dell’infanzia). La vicenda è stata raccontata dal documentario della Cnn1 “Dr Sanjay Gupta: Weed – CNN Special Documentary”. Sanjay Gupta non è infatti solo un divulgatore televisivo. Neurochirurgo e divulgatore per la Cnn, ha un solido curriculum al punto che Barack Obama lo voleva come “Chirurgo Generale degli Stati Uniti”. Per la CNN ha ricostruito la vicenda di Charlotte Figi a cui le cure tradizionali non avevano portato beneficio e che, ormai prossima al totale declino psicofisico, ha iniziato un progressivo cammino di recupero grazie ad un medico di stampo conservatore che le ha prescritto un trattamento a base di CBD. Le immagini del prima e dopo la cura hanno avuto una ampia eco e riaperto il dibattito scientifico a livello internazionale.

Qualcosa, complici decine e decine di studi scientifici internazionali, è mutato.

Nel giugno 2018, il comitato di esperti dell’OMS per la dipendenza dalle droghe (ECDD) ha raccomandato che la CBD non venisse sottoposta al controllo internazionale degli stupefacenti ma ne venisse permessa coltivazione ed estrazione. Non di meno hanno giocato le pressioni dei grandi investitori, pronti ad entrare in un mercato miliardario. Negli Stati Uniti si prevede infatti che il mercato della sola CBD sarà di circa 2,1 miliardi di dollari nel 2020 (rispetto ai 202 milioni di dollari del 2017), a fonte di un mercato complessivo della Cannabis legale stimato in 32 miliardi di dollari per il 2022 nei soli Stati Uniti.

Dati estratti dalla Ricerca sulla CBD commissionata a Merian Research (Berlin)

Il diritto a una riscossione fiscale equa

Sono Luca Lauricella, sono avvocato e svolgo attività di ricerca all’Università di Pisa. Il diritto di cui vorrei parlareè il diritto a una riscossione fiscale equa. Purtroppo questo diritto oggi è un diritto solo sulla carta. Perché nel momento in cui l’agente della riscossione richiede il pagamento di un tributo fornisce al contribuente una quantità di informazioni molto limitata.

Ma come funziona esattamente? Un cittadino riceve una cartella che contiene una serie di dati difficilmente comprensibili per i non addetti ai lavori. Molto spesso accade anche che le somme che sono richieste non sono dovute. Purtroppo andando agli sportelli territoriali molto spesso non vengono fornite tutte le informazioni precise sui propri diritti. Invece bisogna mirare ad avere un fisco equo, un fisco amico del cittadino. Perché se il cittadino è pienamente consapevole delle somme che gli vengono richieste, del motivo per cui deve pagare e soprattutto se il cittadino è consapevole di avere al suo fianco un fisco che durante la delicata fase della riscossione lo supporta in tutte le sue necessità è sicuramente più incentivato a pagare. Di conseguenza lo stato avrà maggiori introiti riuscendo ad attuare un ampliamento dei servizi pubblici e un miglioramento di quelli già esistenti.

In alcuni paesi dell’Unione Europea come Spagna, Francia e Germania esiste un sistema di gestione diretta della fase della riscossione, dove il cittadino si interfaccia direttamente con il fisco senza l’intermediazione di alcuna agenzia di riscossione. Quindi è il cittadino che si rivolge direttamente al fisco per chiedere, ad esempio, una riduzione dei pagamenti oppure una dilazione quando non riesce a pagare il suo debito in un’unica soluzione.

La quantità e la qualità delle informazioni che vengono oggi fornite al contribuente non può ritenersi soddisfacente. Il contribuente, infatti, molto spesso riceve una notifica di intimazione di pagamento o pignoramento. Per ovviare a questo problema negli anni è stata sviluppata una rete di sportelli chiamata “Sportelli SOS Equitalia” che hanno fornito un aiuto concreto e gratuito a tanti cittadini che si trovavano in difficoltà con la ex-Equitalia.

Cosa possiamo fare per migliorare il servizio? Occorre creare una piattaforma digitale suddivisa per aree tematiche dove i vari operatori possono scambiarsi informazioni su casi particolarmente complessi. Occorre, poi, creare una piattaforma digitale dove i cittadini possono presentare proposte di legge o proporre migliorie sulle leggi esistenti. Spesso, infatti, quando il legislatore legifera non tiene in considerazione alcuni aspetti pratici e concreti che l’imprenditore, ad esempio, si trova a dover affrontare quando riceve una cartella esattoriale. Purtroppo abbiamo troppi casi in cui a seguito dell’attività di riscossione si è generato il fallimento di una determinata attività produttiva. Dunque, per cercare di avere una riscossione fiscale equa, dobbiamo tendere a una riscossione informata e partecipata, dobbiamo tendere alla pace fiscale.


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Tutto in famiglia. I soliti noti da 10 anni. Lazio di Zingaretti: 60 milioni senza gara in “ricerche”

60 milioni senza bando in

“ricerca”

Il grande business della farmaceutica

Nicola Zingaretti, segretario nazionale del Pd, e i vertici dei due più grandi enti pubblici di ricerca nazionali, si sono accordati per far arrivare milioni di euro di fondi per la ricerca pubblica a un’azienda farmaceutica privata. Ai circa 12 milioni ottenuti dall’azienda grazie a due accordi tra Presidenza della Regione Lazio e i vertici […]

Elezioni Europee, Forza Italia fa il poker di “impresentabili”: Berlusconi e tre dei suoi nella lista dell’Antimafiaicoli

Nell’elenco diffuso dal presidente Nicola Morra ci sono quattro esponenti Forza Italia, tra cui l’ex Cavaliere, e uno di Casapound. Quattro sono rinviati a giudizio o con dibattimento in corso. Tatarella è in carcere per tangenti in Lombardia. La replica dell'ex premier: "Da impresentabile ho preso 200 milioni di voti". Anna Maria Bernini: "Uso politico dell'Antimafia, imboscata elettorale". Alle Regionali in Piemonte un "impresentabile" leghista

www.ilfattoquotidiano.it

La lunga lista di inchiesta che coinvolge il PD: Zingaretti espellerà mai qualcuno?

La Governatrice Pd Catiuscia Marini, indagata nell’inchiesta legata alla sanità umbra, ha confermato le sue dimissioni da presidente della Regione Umbria. Dopo l’indegno teatrino del Consiglio comunale di sabato in cui la Marini ha votato contro le dimissioni che lei stessa aveva presentato per auto-assolversi, oggi è arrivata la nota che sancirebbe la fine del suo fallimentare mandato. Zingaretti, proprio ieri, ha dichiarato che non è stato lui a chiedere le dimissioni della Marini ma, evidentemente, dopo le nostre pressioni quello scandalo inaudito non poteva essere ancora coperto dal silenzio vergognoso di tutto il Partito Democratico. In realtà, il Consiglio regionale umbro dovrà ancora votare e ratificare le dimissioni.

Nel pieno di questa farsa assurda, Zingaretti ha dichiarato testualmente dalla Annunziata: “Il Pd che voglio è un partito dove se qualcuno si vende le domande dei concorsi siamo noi a cacciarlo prima che se ne accorgano i pm.” Il giorno prima aveva detto che la politica dovrebbe fare piazza pulita prima dell’intervento delle Procure. Benvenuto Zingaretti! Ora quando farai seguire alle parole i fatti? O sono soltanto uscite a caso in campagna elettorale? In Umbria, dopo lo scandalo PD nella sanità, non è stato espulso l’ex segretario regionale dei Dem, Gianpiero Bocci. Zingaretti cosa aspetti?

Ma c’è una lunga lista di indagati per reati gravi che il segretario PD, per rispetto dei cittadini e delle Istituzioni, avrebbe il dovere di cacciare immediatamente dal partito. In primis il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, indagato per associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta in una inchiesta sulla gestione degli appalti pubblici, insieme all’ex consigliere regionale e vice presidente della Giunta calabrese, Nicola Adamo, coinvolto nella stessa indagine.

In Sardegna si è avuta la notizia della condanna a tre anni e tre mesi dell’ex sottosegretaria del Governo Renzi, Francesca Barracciu, per peculato. Nessuna parola dai vertici del Nazareno.

In Campania il “re delle fritture di pesce” e uomo di De Luca, Franco Alfieri, è indagato per voto di scambio politico-mafioso.

In Puglia Lello Di Gioia è indagato per induzione indebita (poche settimane fa di lui si è occupato la Giunta per le autorizzazioni per l’utilizzo delle intercettazioni).

Ancora sulla sponda Pd, altri nomi di peso sono quello di Francesco Bonifazi, tesoriere del partito ai tempi di Matteo Renzi, indagato per finanziamenti illeciti e false fatture; Luca Lotti, ex ministro dello Sport, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio per favoreggiamento nell’inchiesta Consip; e Piero Fassino, accusato di turbativa d’asta nell’affaire Salone del Libro.

Zingaretti cominci a cacciare via dal partito chi è sotto indagine per reati gravi che riguardano i soldi dei cittadini, i quali mettono nelle mani dei partiti il denaro sudato delle proprie tasse e si aspettano che vengano spesi per il bene della comunità. E lo faccia da subito.

Autore: MoVimento 5 Stelle

Cina, Wikipedia completamente oscurata: la censura si allarga alle versioni in lingue diverse dal cinese

La mossa precede di meno di un mese il trentesimo anniversario del massacro di piazza Tian'namen e potrebbe essere legata alla crescente diffusione di traduttori online. Il servizio in caratteri cinesi era stato bloccato già nel 2015. L'organizzazione non profit Greatfire: "Le autorità cinesi hanno paura della verità"

Dallo scorso mese, chiunque voglia consultare Wikipedia in Cinaè costretto ad utilizzare VPN e server proxy che consentono la navigazione anonima. Secondo un rapporto dell’Open Observatory of Network Interference, osservatorio mondiale sulla censura, dal mese di aprile oltre la Muraglia la famosa enciclopedia online risulta inaccessibile in qualsiasi lingua, alla stregua di molti altri siti stranieri quali Google, Facebook e New York Times.

Come spiega ad AFP l’organizzazione non profit GreatFire, la mossa – che precede di meno di un mese il trentesimo anniversario del massacro di piazza Tian’namen – potrebbe essere motivata in parte dalla diffusione di traduttori online e quindi dalla maggiore accessibilità di materiale in lingua straniera. In parte da una crescente ossessione della leadership comunista per la circolazione di informazioni sensibili, anche semplicemente attraverso immagini. “Un’immagine vale più di mille parole e sul sito di Wikipedia certo non mancano immagini di Tian’anmen”, spiega uno dei cofondatori di GreatFire.org noto con lo pseudonimo di Charlie Smith che attribuisce un valore prevalentemente “simbolico” all’inasprimento delle misure censorie contro l’enciclopedia libera. Un’ulteriore conferma della “paura che le autorità cinesi hanno della verità”.

E’ dal 2004 che il sito di Wikipedia, nella Repubblica popolare, subisce periodici blackout e nel 2015 il servizio in caratteri cinesi è stato definitivamente bloccato, sebbene fino al 23 aprile sia rimasto accessibile in altre lingue. Ma nell’ultimo anno, le rivendicazioni di Pechino sulla sua cybersovranità si sono tradotte in un serrato giro di vite online. Lo scorso novembre, la Cyberspace Administration ha annunciato di aver chiuso 9.700 account sulle piattaforme social WeChat e Weibo per arrestare la diffusione di informazioni “politicamente dannose”. Ultimamente, i controlli sono stati estesi anche a Twitter, già censurato in Cina ma utilizzato sempre più spesso dagli attivisti per eludere il bavaglio. La corposa lista di anniversari sensibili – oltre al massacro dell’89 quest’anno ricorrono i 100 anni dalle proteste nazionaliste contro il trattato di Versailles e i dieci anni dalla sommossa di Urumqi – potrebbe aver contribuito non poco ad alzare il livello di guardia in rete.

Wikimedia Foundation – la no-profit che amministra il sito – ha confermato la notizia del blocco totale, aggiungendo di non aver ricevuto alcun chiarimento ufficiale a riguardo. Ma il rammarico è grande. Come spiega Samantha Lien, responsabile per la comunicazione dell’organizzazione, ora che “milioni di lettori e redattori volontari, scrittori, accademici e ricercatori” non possono più accedere a Wikipedia “il mondo intero è più povero“. E lo è anche la Cina.

Le ripercussioni – a doppio senso – pongono Pechino davanti a un dilemma. Infatti, non solo la censura limita l’appeal del mercato cinese agli occhi delle aziende straniere. Nella delicata fase di transizione da un modello di sviluppo basato sul binomio export-infrastrutture, l’inibizione della libera circolazione di idee rischia di compromettere l’ambiziosa agenda economica cinese, sempre più basata sulla ricerca scientifica e tecnologica. Proprio oggi, la rivista teorica ufficiale del partito Qiushi ha pubblicato un vecchio discorso di Xi Jinping sulle fragilità dell’economia nazionale. Per stessa ammissione del presidente cinese, anche se “l’economia nazionale è volata al secondo posto a livello mondiale”, “le scarse capacità innovative” rappresentano il vero “tallone di Achille” della crescita cinese.

Ambiente: Svolta per i Comuni su efficientamento energetico. Lettera Di Maio conferma massimo impegno

"Grazie alla norma Fraccaro contenuta nel Decreto Crescita diamo la possibilità ai comuni di adottare sistemi di efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. La lettera che il ministro Di Maio ha inviato ai comuni parla chiaro: non c'è tempo da perdere e i Comuni hanno finalmente a disposizione 500 milioni di euro pronti per essere erogati per realizzare la messa in sicurezza di strade, scuole e patrimonio pubblico e avviare opere pubbliche in materia di efficientamento energetico come per l'illuminazione pubblica. Il Ministero dello Sviluppo Economico procederà all'assegnazione automatica di contributi ai Comuni per i progetti", spiega Alberto Zolezzi, deputato del MoVimento 5 Stelle in commissione Ambiente alla Camera.
"Si tratta di investimenti sul territorio mai fatti prima che miglioreranno le nostre città in chiave sostenibile. Siamo pronti a rilanciare la spesa per nuovi investimenti nei settori chiave che migliorano la qualità della vita dei cittadini e siamo a lavoro, attraverso un'istruttoria, per togliere dai calcoli del deficit le spese per l'efficientamento energetico degli edifici e altre misure così da accelerare sulla riduzione delle emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale", prosegue Zoelzzi. "I Governi precedenti hanno messo in ginocchio i nostri Comuni con le politiche di tagli e austerity ed è ora di proseguire convinti verso una nuova direzione che favorisca la crescita nell'ottica della sostenibilita", conclude Alberto Zolezzi.

Scritto da M5S Camera News pubblicato il 16.05.19 18:38

Sanità: grande passo in avanti con norma su dirigenza meritocratica, sblocco assunzioni e payback

"Il provvedimento approvato ieri in commissione Affari sociali, che presto approderà nell'Aula di Montecitorio prevede che la selezione dei direttori generali delle aziende sanitarie avvenga sulla base delle competenze all'interno di una graduatoria. Il sistema delle nomine politiche, ha già dimostrato tutte le sue debolezze e noi vogliamo premiare i meritevoli, non i raccomandati ai vertici sanitari che poi hanno in mano la gestione contabile ed amministrativa delle aziende". Lo dichiarano in una nota i portavoce del MoVimento 5 Stelle in commissione Affari sociali alla Camera.
"Ieri abbiamo fornito importanti strumenti normativi per il risanamento della sanità calabrese e a garanzia del diritto alla salute per tutti in cittadini, in particolare per quelli delle Regioni in piano di rientro, su cui ricadevano ingiustamente tutti i limiti derivanti dai vincoli di spesa. Un altro traguardo importante che abbiamo raggiunto con il Dl Calabria è lo sblocco delle assunzioni del personale per le Regioni in piano di rientro, in modo da garantire a tutti i cittadini i livelli essenziali di assistenza. Inoltre, con l'emendamento sul payback, chiudiamo finalmente un contenzioso aperto da anni con le aziende del settore farmaceutico. Ora, le risorse che il ministro Giulia Grillo aveva già provveduto a sbloccare, potranno andare alle Regioni. Siamo soddisfatti del lavoro compiuto in commissione, ampliando quanto già di buono era presente nel decreto, e ancora una volta abbiamo dimostrato la nostra determinazione nel tutelare il diritto alla salute", concludono i deputati.
Scritto da M5S Camera News pubblicato il 16.05.19 14:58

La nuova alleanza fra Zingaretti e Pomicino in nome dei vitalizi e della casta

Il “nuovo” segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, guarda alle alleanze del futuro e lo fa, pensate un po’, con il giovanissimo virgulto Paolo Cirino Pomicino. Sono in corso, infatti, prove tecniche di inciucio con l’ex democristiano Pomicino, pronto a traslocare nel PD con la benedizione del segretario e dei suoi sodali De Micheli, Delrio e Franceschini.

Il nuovo che avanza nel PD! Sarà che sia stato proprio Pomicino a suggerire a Zingaretti e Zanda di portare al Senato la legge che intendeva reintrodurre i vitalizi! Proprio Cirino Pomicino, infatti, è stato uno di quei tanti nababbi della politica a cui l’abbiamo tagliato: la sua pensione è passata da 4700 euro a 2500 euro grazie al nostro taglio!

Zingaretti si è dimostrato in questi pochi mesi il difensore dei privilegi, perfettamente in linea con quanto espresso dal PD negli scorsi anni. L’elenco è presto fatto:

  • Hanno votato contro il taglio delle pensioni d’oro.
  • Hanno presentato la legge vergogna per aumentare gli stipendi dei parlamentari e riportare in vita i vitalizi (legge ritirata grazie alle nostre pressioni).
  • Hanno votato contro il taglio di 345 parlamentari che porterebbe un risparmio di mezzo miliardo di euro per le casse dello Stato.
  • Hanno presentato una legge che reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti, 90 milioni di euro per rimpinguare le casse del Nazareno e pagarsi le campagne elettorali, gli alberghi e i ristoranti. A proposito, Zingaretti devi ritirare questa ennesima legge indegna, un vero e proprio insulto agli italiani!
  • Noi proponiamo il Salario minimo per i lavoratori, loro pensano al salario minimo dei parlamentari con Zingaretti che in diretta tv dice che 14mila euro al mese per i parlamentari non sono troppi e si oppone alla nostra proposta di tagliare gli stipendi d’oro a deputati e senatori.
  • Ora l’alleanza con il simbolo della Casta, quel Cirino Pomicino a cui, evidentemente, non sono bastati 50 anni di politica. E con chi va? Con Zingaretti, naturalmente!

Tutto questo alla faccia di lavoratori, commercianti, operai, imprenditori che si sacrificano tutti i giorni per non far mancare nulla alla propria famiglia!

Comincia quindi la liason tra il paladino dei vitalizi, Pomicino, ed il difensore della Casta, Zingaretti.Chi si somiglia si piglia!

Ambiente: Grazie a Ministro Costa nostri ragazzi riconosciuti paladini del cambiamento Salva-Terra

"Educazione e ambiente sono due facce della stessa medaglia, quella per la lotta ai cambiamenti climatici. I protagonisti del cambiamento sono le nuove generazioni, le stesse che, con grande impegno e convinzione, sono diventate sostenitrici attive di una battaglia che riguarda da vicino tutti noi: la tutela del nostro Pianeta", dichiarano i deputati e le deputate del MoVimento 5 Stelle in Commissione Ambiente a margine de "il Villaggio dell'educazione Ambientale", a Roma in piazza del Campidoglio.
"Oggi, con la sindaca Virginia Raggi, il Presidente della Camera Roberto Fico, il ministro dell'Ambiente Sergio Costa e tanti altri ospiti illustri, abbiamo dato vita a Roma al primo "Villaggio per l'educazione ambientale", giornata che, da ora in poi, sarà segnata in calendario come Festa nazionale dell'educazione ambientale.
Vedere la partecipazione di centinaia di giovani studenti delle scuole di ogni ordine e grado è stata un'emozione fortissima. L'obiettivo condiviso è quello di rispondere in maniera concreta alle loro richieste, lavorando sempre di più nell'interesse del Paese e dell'Ambiente. Informare i nostri ragazzi sui comportamenti sostenibili da adottare nella quotidianità è fondamentale; la giusta via è quella di renderli protagonisti del cambiamento e di un modello di vita basato sul rispetto dell'ambiente", proseguono.

"Intervenire è drammaticamente necessario per tutelare le biodiversità, la salute dei nostri mari, mettendo in campo azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, sia attraverso attività educative sia attraverso nuove misure che invertano la rotta in tempi brevi. Siamo entusiasti per il bando lanciato dal Ministro Costa che finanzierà progetti di educazione ambientale per le scuole nei Sin. Grazie al Protocollo d'intesa firmato tra MIUR e Ministero dell'Ambente per questa nobile causa, già 1 milione e 300 mila euro sono stati stanziati per elaborare un "Piano nazionale per l'Educazione ambientale" per sensibilizzare i ragazzi su questi temi, in un'ottica di cittadinanza attiva. Non c'è più tempo da perdere e cambiare stile di vita e abitudini è un obbligo, considerando che, a questi ritmi, sarebbero necessarie 2,8 Terre per sostenere la domanda di risorse naturali che servono per il consumo medio di ogni cittadino europeo che consuma la quantità di risorse naturali terresti e marine più alta del pianeta, insieme agli Stati Uniti d'America. Vogliamo che le nuove generazioni sviluppino un vero pensiero ambientale per realizzare insieme il cambiamento trasversale di cui abbiamo bisogno. Grazie all'impegno del MoVimento 5 Stelle e del Ministro Costa tutto questo sta diventando realtà", concludono.

Scritto da M5S Camera News pubblicato il 10.05.19 12:48




Canapa, una storia incredibile

Quando ho ricevuto il libro di Matteo, a mio avviso uno dei testi più completi sull’argomento canapa, non ho potuto che esaltarne il suo impegno e sostenerlo in una delle battaglie più controverse del nostro paese. Sono queste le grandi battaglie da compiere, che possono stravolgere interessi economici cosmici e cambiare la vita di ognuno di noi.
Leggetelo e passate parola!

Beppe Grillo

Esce oggi, 20 aprile 2019, “CANAPA una storia incredibile” di Matteo Gracis, Edizioni Chinaski. Un libro particolare, unico nel suo genere e che farà molto discutere.
L’autore è il direttore di Dolce Vita, la più importante rivista italiana sulla Canapa e in quest’opera racconta e intreccia due storie parallele: la sua storia personale con la pianta più discussa di sempre e la storia della Canapa, dalle sue origini ai giorni nostri e oltre, con uno sguardo al futuro.

“Tutto quello che oggi produciamo con la plastica, si potrebbe produrre (e si produceva) con la Canapa.” Dichiara Gracis e prosegue: “Nel mio libro lo spiego bene. E ciò significa che se in quello sciagurato 1937 non avessero iniziato una folle guerra nei confronti di questa pianta, oggi il mondo non sarebbe nelle condizioni in cui si trova!”.

Ma la rivoluzione verde è iniziata, sempre più stati hanno scelto la strada della legalizzazione e dopo aver letto questo libro, vi rimarranno ben pochi dubbi a riguardo.

Disponibile nelle librerie e nei principali store online. Oggi a Milano la prima presentazione ufficiale, a cui seguirà un tour in tutta Italia.

Benvenuti nei Templi dello shopping: strutture geneticamente manipolate

di Saverio Pipitone – Con questo articolo comincio nel Blog un excursus a più puntate tra centri commerciali e grande distribuzione organizzata, svelandone fatti e misfatti, per poi indicare delle possibili alternative.

Partiamo dalle origini. Il 9 ottobre 1917 al droghiere Clarence Saunders approvarono il brevetto “Self-Serving Store” (numero serie US 1.242.872), depositato l’anno prima, dopo che l’11 settembre 1916 aveva aperto al 79 di Jefferson Avenue a Memphis, nel Tennessee, un innovativo negozio di 100 mq ad insegna Piggly Wiggly. Un’unica entrata con tornello conduceva in un serpeggiante e circoscritto percorso di quattro corridoi tra scaffali paralleli, contenenti 600 prodotti prezzati, dal fresco al confezionato, che il cliente inevitabilmente visualizzava e in automatico si serviva da sé, senza assistenza e dialogo, fino all’uscita, dove l’attendeva un registratore di cassa.

Iniziò così l’estinzione della tradizionale piccola bottega e lo sviluppo del moderno supermarket. Nel giro di un secolo le superfici di vendita divennero sempre più ampie raggiungendo il top dell’evoluzione con l’ipermercato – 20.000 metri quadri e 50.000 referenze food e non-food – per una grande distribuzione organizzata, in sigla GDO, come motore della società dei consumi.

Le strutture della GDO sono di solito ubicate attorno alle città e vicine agli sbocchi autostradali e tangenziali, con parcheggi multipiano o sotterranei, per essere raggiunte facilmente ed accedere velocemente nelle gallerie o corsie del consumo con le merci ordinate “tutte sotto lo stesso tetto”.

In Italia le principali insegne distributive, come Coop, Conad, Esselunga, Auchan e Carrefour, si trovano all’interno di circa 1.000 centri commerciali che occupano oltre 15 milioni di mq di territorio per 1,8 miliardi di visitatori all’anno.

Ad esempio il Centro Meridiana di Casalecchio di Reno/BO è su una superficie di quasi 35.000 mq con parcheggio per 1.800 auto, una quarantina di attività commerciali, aree ristoro, palestra, multisala cinematografica e piazze all’aperto per concerti, sfilate di moda, esibizioni artistiche, pista di pattinaggio ed eventi. Nelle vicinanze, a meno di tre chilometri, erge poi la “stella cometa” di IKEA che guida il consumatore nello Shopville Gran Reno, altra megastruttura, su cui di recente è stato avviato un progetto di ampliamento, ed è probabile che in futuro i due centri possano congiungersi, con la nascita di un vero e proprio distretto commerciale per un nuovo modello del “tutto sotto lo stesso cielo” in cui trascorrere la giornata o l’intero week-end.

Entro il 2021 in Italia è inoltre prevista una colata di cemento su 1,3 milioni di mq per altri shopping center e il più grosso è il Westfield nell’area dell’Ex Dogana alle porte di Segrate/MI con 185.000 mq su cui sorgeranno 300 negozi, 50 ristoranti, un cinema di 16 sale e 10.000 posti auto, per un bacino di utenza di 6,3 milioni di abitanti e un potenziale di spesa di oltre € 50 miliardi.

Nonostante le periferie siano sature, la GDO non arresta l’avanzata e da qualche tempo espugna anche dei contesti già edificati, come i negozi di prossimità e le vecchie fabbriche dismesse nei centri popolati, cancellandone la memoria storica, oppure penetra nelle zone di transito quali aeroporti, stazioni ferroviarie e porti marittimi per un consumismo nomade.

I grandi spazi commerciali sono progettati scientificamente dai “demiurghi” della distribuzione organizzata per attrarre, coinvolgere e incanalare il maggior numero di persone, impadronendosi del loro tempo libero. L’antropologo francese Marc Augé li chiama “non-luoghi” perché privi di identità, relazioni e storicità, senza vita sociale e culturale, mentre il sociologo statunitense George Ritzer li definisce “cattedrali del consumo” per le dinamiche rituali tipiche della religione in un rapporto sacrale con la merce.

L’iperconsumatore è catapultato in una dimensione irrazionale, finta ed illusoria, slegandosi dal reale e smarrendo il senso del tempo. Con un apprendistato tra messaggi visivi, sconti, offerte speciali, buoni acquisto, premi e carte fedeltà, diviene un adepto dei Templi dello shopping indotto, impulsivo e sfrenato. Riduce l’esistenza al solitario e istantaneo atto del consumo, per un continuo accumulo di beni – senza più considerarne il valore d’uso e molto spesso superflui – che accrescono a dismisura lo spreco: sciagura del XXI secolo.

Nei decenni successivi al brevetto di Clarence Saunders, negli Stati Uniti aprirono i primi shopping center e in uno di essi venne nascosta una videocamera per registrare i movimenti delle palpebre degli avventori nel momento in cui si aggiravano tra gli scaffali; il numero dei battiti scendeva alla media di quattordici al minuto, come i pesci, facendoli precipitare in una forma di trance ipnotica. La sindrome è chiamata Transfer di Gruen (dal cognome dell’architetto austriaco Victor) che provoca perdita di controllo decisionale e confusione da input consumista con sintomi di sguardo vitreo, assenza di orientamento e suggestionabilità.

Peggio ancora è scadere nella violenza alla maniera di Arnold Schwarzenegger nella commedia “Una promessa è una promessa” quando a Natale, nel centro commerciale, bisticcia e picchia per comprare al figlio l’introvabile giocattolo Turbo-Man. Come disse Tim Magill – progettista del gigantesco Mall of America (dove fu girato il film) – «Vogliamo farvi perdere la testa».

 

L’AUTORE

Saverio Pipitone – Giornalista pubblicista e redattore economico-finanziario. Autore di articoli di varie tematiche, dalla critica economico sociale alla storia, dall’ecologia al consumismo. Oltre a Pesticidi a tavola, ha scritto i libri Shock Shopping La malattia che ci consuma (Arianna Editrice) e Forno a Microonde? No Grazie (Macro Edizioni). Blog: saveriopipitone.blogspot.com

Per uno sguardo decoloniale sul franco CFA

La moneta dei PMA

di Nicoletta Fagiolo – In seguito alla polemica Italo-Francese sulle due unioni monetarie del franco CFA in Africa subsahariana, scaturita il 20 gennaio 2019 dall’attivista grillino Alessandro Di Battista che ha strappato una banconota, facsimile di 10,000 franchi CFA, davanti al conduttore perplesso Fabio Fazio in diretta TV,i sui social gli Africani senza distinzioni ringraziarono ardentemente Di Battista per il suo gesto ai loro occhi eroico, gesto che riecheggia la banconota CFA bruciata a Dakar dall’attivista panafricanista Kemi Seba, che gli costo l’espulsione immediata dal Senegal nel 2017. Kemi Seba è stato vittima di un ulteriore arresto e espulsione il 26 marzo 2019 da Abidjan, Costa d’Avorio verso il Benin, solo per aver voluto dibattere pacificamente sulla moneta CFA.ii

L’acronimo CFA fa riferimento a due attuali unioni monetarie e economiche nell’Africa occidentale e centrale: il franco dell’Africa occidentale riunisce gli otto membri dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) – Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo; il franco centro africano comprende i sei membri della Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC) – Camerun, Repubblica centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea equatoriale e Ciad. L’area ha oggi una popolazione totale di oltre 162 milioni di abitanti distribuiti in quattordici paesi.iii

Alla sua creazione nel 1939, l’acronimo CFA significava il franco francese delle colonie africane – oggi, designa il franco della comunità finanziaria africana per i paesi dell’UEMOA e il franco della cooperazione finanziaria in Africa centrale per i paesi della CEMAC.

Di quali criteri tener conto per valutare se una moneta funzioni per l’economia complessiva di un paese o un’area monetaria come quelle del franco CFA? Spesso i giornali Italiani commentando l’attualità parlano solo di stabilità del CFA, analizzando l’andamento del PIL.

Il PIL può aumentare e la maggior parte dei cittadini potrebbe comunque stare peggio,”ci ricorda il premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz in L’euro e la sua minaccia per il futuro dell’Europa.iv Nel 2018 l’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite segnala il Niger, paese del UEMOA, come il paese più povero al mondo, 189 su 189 paesi. L’elenco mostra che tutti i 14 paesi dell’area CFA sono tra i paesi più poveri del mondov; per l’area CFA il PIL reale pro capite è di un terzo o inferiore rispetto alla fine degli anni 1970 ; sui 47 paesi che fanno parte della comunità dei paesi meno sviluppati al mondo da quando la categoria è nata nel 1971, nove dei quattordici paesi dell’area CFA ne sono membri oggi, (la Guinea Equatoriale è uscita solo nel 2017) incitando alcuni a chiamarla la moneta dei PMA, dall’acronimo francese pays les moins avancés (paesi meno sviluppati).

Il modello d’integrazione verticale del franco CFA, eredità della colonizzazione, è rimasto uguale da quando è nato nel dicembre del 1945: i paesi africani rimangono produttori di materie prime non trasformate e commerciano più con l’Europa che tra loro. Un modello economico estroverso non propizio allo sviluppo di un’economia endogena.

Sono le caratteristiche principali del CFA (la parità fissa, la garanzia di convertibilità e la libera circolazione di capitali) che lo rendono un veicolo per l’accumulazione delle ricchezze all’estero, ci spiega l’ex Ministro ed economista Togolese Kako Nubukpo, che di recente ha tenuto il 17 febbraio 2019 a Bamako, in Mali, la prima conferenza degli stati generali sul CFA, che ha visto unirsi un folto gruppo di economisti per escogitare scenari per un nuovo assetto monetario per l’area.

Il 21 gennaio 2019, il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, capo politico del M5S Luigi Di Maio insiste: “Io non credo che sia un caso diplomatico, io credo che sia tutto vero” (…) Se l’Europa in questo momento vuole avere un po’ di coraggio, deve avere la forza di affrontare il tema della decolonizzazione. Bisogna decolonizzare l’Africa e anche l’Unione Europea deve occuparsi di questo tema. Guardiamo in faccia anche le cause, non solo gli effetti dell’emigrazione. Ci sono autorevoli economisti di tutto il mondo che ne parlano, noi abbiamo solo acceso il faro su una verità.vi 

Gli economisti Africani che si sono soffermati a studiare questo sistema monetario sono tanti, fra cui: Samir Amin, Mamadou Diarra, Joseph Tchundjang Pouemi, Mamadou Koulibaly, Moustafa Kasse, Sanou Mbaye, Nicolas Aghohou, Demba Moussa Dembelé, Séraphine Prao Yao, Yacouba Fassassi, Ndongo Samba Sylla, Marital Ze Belinga o Kako Nubukpo.

Roberto Bongiorni sul Sole 24 ore in Franco CFA, i legami controversi tra Parigi e le ex colonie del 22 gennaio 2019 chiama Di Maio “presuntuoso” per aver sollevato un dibattito cosi importante per generazioni intere di studiosi e politici Africani, eppure io trovo scandaloso che Bongiorni confonde il Congo Kinshasa (che non fa parte dell’area CFA)  con il Congo Brazzaville, nelle mappe che accompagnano il suo articolo sul franco CFA! Molti giornali Italiani, oltre a parlare ad nauseam di una stabilitàvii del franco CFA, spesso pongono l’accento sull’opportunismo elettorale del M5S, senza specificare chi in Europa porterebbe suffragare posizioni anticolonialiste, e senza sentire neanche uno degli economisti Africani specialisti in materia.

Tutti gli studiosi menzionati in alto e altri ancora mettono in causa le regole stesse che gestiscono l’area CFA, area ormai sottoposta a quello che l’economista Marital Ze Belinga chiama una colonialité à double verrou, (colonialità a doppia serratura),viii sia francese che Europea, via una decisione del Consiglio Europea del 1998 che ha ancorato il franco CFA a l’Euro, adottata dal Parlamento Europeo del 1999.

Nel lontano 1944 alla Conferenza di Brazzaville voluta da Charles De Gaulle per stabilire l’assetto economico della metropoli riguardante le sue colonie, furono presenti rappresentanti Africani. Eppure un colloquio del 1998 organizzato a Dakar, Senegal dal centro studi Codesiria (Consiglio per lo sviluppo della ricerca sulle scienze sociali in Africa) ha visto più di 200 economisti Africani pronunciarsi contro un cambio fisso e non aggiustabile del CFA con l’Euro.  

Roberto Bongiorni scrive sul Sole 24 ore  il 22 gennaio 2019  “chi perde nel sistema CFA sono i produttori Africani”, dunque il tessuto stesso dell’economia Africana. L’economista della Bocconi Massimo Amato non è meno critico: “Il franco CFA condanna l’Africa a essere puramente esportatrice di materie prime e a non avere, ad esempio, nemmeno un’industria di trasformazione agricola, con tutti i benefici di stabilizzazione dei prezzi agricoli interni e di aumento dell’occupazione manifatturiera che ciò comporterebbe.” ix 

Alcuni giornalisti ammettono gli interventi militari francesi sul continente, anche se non focalizzano l’attenzione sul blocco dei processi democratici che spesso questi interventi causano e ne sottostimano la frequenza: sono più di 150 solo in Africa sub-sahariana dal 1945 ad oggi.x Un numero alto che richiede inchieste parlamentari urgenti sia nazionali sia europee.

Porre questa ingerenza anacronistica e colonialista, legata ormai ad azioni Europee comuni (sanzioni, interventi militari, cooperazione, accordi commerciali) al centro dell’analisi sui rapporti con l’Africa è essenziale per stabilire un rapporto leale verso i paesi Africani o prevedere una qualsiasi forma di politica estera comune europea. Le richieste di Di Maio di rendere ufficiali gli accordi di difesa e cooperazione francesi sigillati spesso in segreto con i paesi ex colonie, dovrebbe essere il sine qua non per immaginare una politica europea comune. Le proposte lucide di Di Maio, sanzioni verso i paesi Europei che commettono atti coloniali e un’agenzia che si occupi di anti colonialismo in seno all’Unione Europea, sono celate de un silenzio giornalistico sbalorditivo.

L’attuale Presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara il 15 febbraio 2019 ha chiesto che “si chiuda il falso dibattito sul franco CFA” che ha descritto come “moneta solida”, dopo un’audizione con il suo omologo francese, Emmanuel Macron all’Eliseo. Kako Nubukpo gli risponde su RFI (Radio France Internationale)xi il 2 marzo 2019 : “il luogo stesso della dichiarazione di Alassane Ouattara, l’Eliseo, è molto simbolico” (…) “il franco CFA protegge i leader africani dai fallimenti della loro governance. Il conto di operazioni al tesoro francese (conto dove si tengono secondo gli accordi con la Francia il 50% delle riserve valutarie di ambedue le aree CFA) è stato inizialmente creato per far fronte agli shock economici esogeni, ma è diventato un’assicurazione contro qualsiasi rischio per i presidenti africani, che non rispondono ai loro cittadini, ma alla Banca Centrale Europea.”Nubukpo cita il caso più salutare di alternanza politica del Ghana, dove una svalutazione grave del 40% della moneta del paese, il cedi,  causò la perdita delle elezioni a John Dramani Mahama nel dicembre 2016.

Un retaggio coloniale

Storicamente il franco CFA è la continuazione del franco francese, nato nel 1795 che ha accompagnato la colonizzazione francese nel mondo: in Asia (Laos, Cambogia, Vietnam), Oceania (Polinesia francese, Nuova Caledonia, Nuova Ebridi), nei Caraibi (Santo Domingo, Guadalupe, Martinica, Santa Lucia, Tobago), Guyana in America Latina, il Nord Africa (Algeria, Marocco, Tunisia) e in Africa sub-sahariana.

Il franco francese è stato imposto alle popolazioni locali e le loro valute sono state vietate. Già nel 1830, il re Carlo X aveva coniato una moneta con le parole “colonie francesi”. Nel lontano 1895 in Costa d’Avorio le autorità coloniali vietarono l’uso di un braccialetto di bronzo usato come mezzo di scambio.

Demistificando l’idea di una “rivoluzione monetaria” che avrebbe semplicemente sostituito un’economia locale policentrica con un sistema unicentrico, numerosi studi oggi svelano una resistenza tenace da parte delle popolazioni locali alla moneta straniera. Per il successo dell’apparato coloniale l’incorporazione degli africani nel mondo della tassazione e del lavoro salariato era vitale. Harcourt Fuller della Georgia State University, in un articolo del 2009 sui sistemi monetari in zona sterling della Gold Coast,xii l’ex Ghana, parla di “azioni quotidiane quali il continuo uso di monete indigene e straniere, la contraffazione di monete e banconote coloniali, la deturpazione di valuta, la fusione di denaro per fare gioielli e il rifiuto di utilizzare banconote”. Félix Iroko ci parla della resistenza in una delle aree dove si usavano i cauris, (si parla anche di una zona cauris, questa conchiglia importata dall’Oceano Indiano), l’attuale Burkina Faso, dove la resistenza alla sostituzione dei cauris con il denaro coloniale è stata lunghissima: “durante gli anni 1970 e 1980, un tasso di cambio nominale di 20 conchiglie a cinque franchi CFA era ancora presente nelle menti locali.”xiii

Quali erano le valute locali? Già durante l’impero faraonico del III a.C. si utilizzava un sofisticato sistema monetario; l’economista camerunense Joseph Tchuindjang Pouemi parla di un regime di cambi fluttuanti prima del ventesimo secolo, ricordando che la conversione tra le conchiglie cauris e l’oro era praticata. Altri esempi di monete locali: palle di gomma; barre di ferro e di rame; le conchiglie cauri che si scambiavano già con la valuta prima del franco i tornei di libri; taglio di zinco; articoli di cotone; fili di ottone; perle di vetro e grani di porcellana.

Si trattava principalmente di convertire con la forza le società locali nel sistema capitalista coloniale. Nel 1907 la Francia proibì l’importazione dei cauris e anche il pagamento delle tasse coloniali con questa valuta. Per anni una parte di queste tasse erano spesso ancora pagate con i cauris suscitando l’ira dei colonizzatori. Nel 1925 sarà incluso nel nuovo Code de l’indigénat (codice di giustizia amministrativa che si applicava solo alle persone definite indigene), l’obbligo di utilizzare il franco francese nelle transazioni commerciali sotto pena di punizione.xiv 

La moneta Africana pre-coloniale aveva lo stesso ruolo di moneta di scambio, o aveva un ruolo più sofisticato, come ad esempio gestire i collegamenti sociali o aiutare alla riconfigurazione delle relazioni sociali, come alcuni antropologi oggi sottolineano? La questione centrale per la reinvenzione e la liberazione delle economie africane passa anche attraverso risposte a queste domande d’identità storica.

A differenza degli altri imperi coloniali – il Regno Unito e la sua area sterlina o il Portogallo e la sua zona di escudo, le cui rispettive valute sono gradualmente scomparse con l’indipendenza, e anche nella gran parte delle ex colonie francesi, dove con l’avvento dell’indipendenza abbandonarono il franco francese, il franco CFA è un’estensione della stessa autorità monetaria che governavano ai tempi del impero.

I quattro handicap

L’economista Ndongo Samba Sylla e la giornalista Fanny Pigeaud in un recente libro, L’arme invisible de la Francafrique, une histoire du franc CFA, elencano quattro handicap maggiori che caratterizzano il franco CFA: un regime di cambio troppo rigido; un ancoraggio problematico all’Euro, un debole finanziamento dell’economia locale; e una libertà totale di trasferimento di capitali che genera colossali perdite finanziarie.”xv

Un regime di cambio troppo rigido: secondo l’economista Stiglitz per i paesi che hanno subito la recente crisi economica in Europa, dall’Irlanda, alla Spagna, al Portogallo e la Grecia, il problema fondamentale dell’euro è che “ha tolto il meccanismo di aggiustamento del tasso di cambio e non ha messo altro al suo posto.”xvi Questo deficit vale ancor più per l’area CFA che è incline a shock economici esogeni dovuti alla mancanza di diversificazione economica (e dunque alla troppa dipendenza dalla variazione del prezzo di uno o due risorse primarie) alla estesa produzione agricola afflitta da fenomeni climatici e le guerre ricorrenti.

In un’analisi del 2017, Pegged currencies, catalyzer or hindrance to economic development in poor nations: The West African example of the CFA Franc, Franck Ouattara e George M. Lady della Temple Universityxvii hanno studiato l’impatto della valuta a cambio fisso dell’area UEMOA per un arco di tempo lungo, dal 1990 al 2006. Concludono: “Tuttavia abbiamo scoperto che il più grande beneficiario di questa relazione commerciale era l’Unione europea, in quanto l’UEMOA presentava saldi negativi e in declino.” Essi hanno anche costatato che l’area del franco CFA subiva l’andamento dell’Euro: l’apprezzamento del franco CFA nei confronti del dollaro USA (conseguenza della parità fissa della CFA con l’euro) aumentava automaticamente il disavanzo commerciale. I due studiosi hanno raccomandato una nuova valuta che sostenga meglio le necessità di crescita e sviluppo dell’area.

Secondo dati della Banca Centrale Europea l’Euro si è apprezzato nei confronti del dollaro del 90% dall’ottobre 2000 a metà Luglio 2008, le filiere produttive Africane di materie prime dell’area CFA, come il cotone, quotate in dollari, subirono dunque indirettamente una forte perdita di competitività sul mercato internazionale.

Il direttore per gli affari economici e finanziari della Commissione Europea, Martin Hallet, in un rapporto del 2008, considerando come riferimento la letteratura sulle OCA, optimum currency area (OCA) (area monetaria ottimale, AMO), scrive che per i paesi della zona franc CFA non conviene creare un’area di un’unione monetaria a cambi fissi: “data la loro bassa diversificazione produttiva, la bassa mobilità della manodopera e un debole settore finanziario.”xviii

L’Africa occidentale e l’Africa centrale hanno cicli economici disgiunti: l’Africa occidentale è attualmente al 6% di crescita, l’area CEMAC è cresciuta dello 0%. Non capiamo perché c’è lo stesso tasso di cambio tra i 2 CFA e l’Euro, vuol dire che questo scambio fisso non è una scelta economica, perché se fosse economica avremmo già svalutato il franco CFA dell’Africa centrale”, svela Kako Nubukpo.

Uno dei benefici di un’unione monetaria verte sullo scambio interregionale: per la zona CEMAC il commercio interregionale è al 4% e nella zona UEMOA al 15%. Per fare un confronto in Europa lo scambio interregionale equivale al 60%. La non intercambiabilità dei rispettivi CFA dal 1993 rende l’integrazione monetaria nell’area ancora più problematica.

Sin dalla sua creazione nel 1945 il franco CFA fu sopravalutato rispetto al franco francese dell’epoca per recuperare un mercato nelle ex-colonie perso durante la seconda guerra mondiale.

Una valuta forte facilita le importazioni di beni e servizi (al posto di incoraggiarne la produzione locale) e inoltre, per un’area che esporta principalmente materie prime non trasformate, l’ancoraggio ad una moneta forte penalizza le esportazioni rendendole poco competitive sul mercato mondiale.

Uno studio della Deutsche Bank del 2014 citato da Sylla et Pigeaud in L’arme invisible de la francafrique svela che le esportazioni dei paesi europei soffrono la conseguenza di un euro troppo forte: per la Francia lo studio stabilisce che il cambio a 1,24 dollari per un euro era la soglia sopra la quale problemi economici dovuti alla mancata competitività sarebbero nati. Per l’Italia tale soglia fu stabilita a 1,17 dollari per un euro e per la Germania a 1,79 dollari per un euro.xix Questo genere di analisi dovrebbe essere allargata a includere l’area CFA per captare meglio i costi e benefici per i paesi Africani nel rimanere nell’unione.

Una gestione dell’area economica CFA ancorata ai cicli economici dell’area Euroxxche punta sulla stabilità dei prezzi e una bassa inflazione, ma non tiene conto degli obiettivi di crescita, è ulteriormente penalizzata dalla repressione monetaria che l’austerità impone. Nonostante l’inflazione bassa, i tassi di prestito nell’area sono altissimi, raggiungendo il 12 o 15%. Il rapporto credito / PIL è solo del 25% per i paesi UEMOA e del 13% per i paesi nella zona CEMAC; la media per i paesi dell’Africa sub-sahariana del credito / PIL è il 60%, mentre per l’Africa del Sud è al 100% , per gli USA al 300%.

Il franco CFA è anche strutturalmente costruito per facilitare la fuoruscita di capitale, legalmente via l’uno dei suoi principi, la libertà totale di trasferimento dei capitali: per esempio la Guinea Equatoriale ha una fuoruscita ogni anno di capitale equivalente al 47% del proprio PIL, scrivono Ndongo Sylla et Pigeaud in L’arme invisible de la francafrique.

La narrativa storica non salva i nomi, ma dà a noi i nomi che ci salvano” scrive Françoise Proust.xxi Riattualizzare le tracce storiche che ci hanno lasciato nomi quali Samir Amin, che già parlava di “sviluppo senza crescita” nel lontano 1967 per l’Africa subsahariana, aiuta a posizionare le analisi attuali. Molte figure storiche sono state marginalizzate o addirittura uccise solo perché volevano uscire dal franco CFA: tra i presidenti del periodo dell’indipendenza Sylvanus Olympio, Presidente del Togo, che ha creato all’indipendenza una valuta togolese fu assassinato nel 1963; la Guinea di Sekou Touré- che nelle sue parole ha preferito “la povertà nella libertà, alla ricchezza in schiavitù” si trovò ad affrontare l’operazione prezzemolo lanciata dai francesi in segreto per far fallire la nuova moneta locale; Modibo Keita del Mali, che proponeva delle riforme del assetto CFA, venne isolato e osteggiato. Negli anni 70 del secolo corso vi furono altre richieste di riforme fatte tacere. L’uccisione di Thomas Sankara nel 1987 stroncò di nuovo tentate rotture sane col neo-colonialismo.

Laurent Gbagbo, ultima vittima della françafrique via il colpo di stato franco-onusiano del 2011,xxii oggi assolto da tutte le accuse di crimini contro l’umanità dopo otto anni di prigione alla Corte Penale Internazionale, scrisse nel lontano 1978 sulla non indipendenza raggiunta in Africa nel secondo dopoguerra. In Réflexions sur la Conférence de Brazzavillexxiii spinto dal desiderio di demistificare i falsi miti storici sull’Africa, e mostrando i documenti degli archivi storici, svela il crasso colonialismo in vigore all’epoca. Il caso Gbagbo è un cas d’école, un caso da manuale, dello spropositato neocolonialismo del XXI secolo. Ancora oggi Laurent Gbagbo è mantenuto, alcuni scrivono ostaggio del neocolonialismo, in Belgio in condizioni da detenuto, senza suscitare proteste dalla classe politica Europea, mentre sul continente cresce il suo esempio di resistente.

L’ultimo rapporto della Banca di Francia sulla zona del franco CFA parla di un tasso di inflazione di 0,6%, è la deflazione. L’obiettivo ritenuto dalle rispettive due banche centrali è il 2-3% di inflazione. La deflazione significa che le persone sono molto povere, che non consumano, i prezzi crollano, la disoccupazione aumenta … l’indice di sviluppo umano lo mostra, non la stabilità dei prezzi,” dice Kako Nabukpo su RFI.xxiv

Solo per le proposte di riformare le regole dell’area CFA Nubukpo ha perso il lavoro sia come Ministro della Pianificazione in Togo che alla Organizzazione internazionale della Francofonia. Di recente è stato minacciato dalla filiale locale della Banca centrale dell’Africa occidentale (BECEAO) contro la quale si è sentito costretto a prendere disposizioni legali. Ma Nubukpo conferma che continuerà la lotta per una sovranità totale dell’Africa che i padri fondatori dell’indipendenza Africana accarezzavano.

Il grido dei giovani Africani che manifestano nelle capitali subsahariane dell’area CFA e le raccomandazioni dei numerosi esperti per un’uscita urgente da questo retaggio coloniale non è accolto sulla sponda sorda Europea. Di fronte a tale ipocrisia, anche giornalistica, il coraggio di cui parla Di Maio è salutare e più efficace per accogliere i crescenti processi di democratizzazione sul continente.

L’AUTORE

Nicoletta Fagiolo – Dopo aver conseguito una laurea in Storia Contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma e un Master di Storia delle Relazioni Internazionali presso la London School of Economics e Scienze Politiche, la regista italiana Nicoletta Fagiolo ha lavorato per l’Ufficio di Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) fino al 2003. Nel 2004 ha girato il suo primo film sull’impatto del microcredito in Bangladesh, intitolato Fighting Financial Apartheid. Nel 2009 ha scritto e diretto il film di 52 minuti Resistants of the 9th Art, un documentario sui vignettisti editoriale africani e la libertà di espressione. Fagiolo lavora per canali televisivi nazionali e internazionali scrivendo e producendo reportage e documentari.


i Intervista ad Alessandro Di Battista – Che tempo che fa 20/01/2019 https://www.youtube.com/watch?v=X14lSpRSMMM Alessandro DiBattista fu l’unico che in mesi di discussioni cacofoniche e autistiche sull’immigrazione e la polemica del CFA, ha dato voce ad un rappresentante Africano: Otto Bitjoka, presidente dell’Unione comunità africane d’Italia, che ci svela cinque colpi di stato eseguiti dalla Francia anche per assicurare la permanenza del franco CFA sul continente, ultimo quello del 2011 contro uno dei massimi leader democratici, il Presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo, intervista ripresa dal Fatto Quotidino Ruggero Tantulli , Franco Cfa, “Per Macron si può uscire? Chi ci prova viene fatto fuori. Ora si pubblichino accordi di decolonizzazione”  8 Febbraio 2019 https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/08/franco-cfa-per-macron-si-puo-uscire-chi-ci-prova-viene-fatto-fuori-ora-si-pubblichino-accordi-di-decolonizzazione/4932907/


ii –  Nicoletta Fagiolo, Africa’s Colonial Vestige, the CFA franc, Discover Society, October 04, 2017.https://discoversociety.org/2017/10/04/viewpoint-africas-colonial-vestige-the-cfa-franc/ ehttp://www.rfi.fr/afrique/20190327-le-panafricaniste-francais-kemi-seba-expulse-cote-ivoire-vers-le-benin


iii – Le Comore hanno un accordo di cooperazione monetaria con la Francia simile alla zona franco CFA, ma non vi appartiene.


iv – Joseph E. Stiglitz in The euro and its Threat to the Future of Europe, Penguin, 2017. Preface p 33


v – L’indice di sviluppo umano (ISU), in inglese: HDI-Human Development Index, usa tre criteri: PIL pro capite, l’aspettativa di vita alla nascita e livello di istruzione per misurare la qualità della vita.


vi – Luigi DiMaio in Bisogna decolonizzare l’Africa’ ‘Se ne occupi anche l’Ue. Abbiamo acceso il faro su una verità’ ANSA, 21 gennaio 2019.


vii – Sul Sole 24 ore Sorrentino in “La moneta CFA non penalizza lo sviluppo economico Africano”  si limita a citare un unico indicatore per misurare il benessere dell’area CFA: la crescita. L’autore comunque fra partentesi scrive, cito: “ ( a rigore, però, i tassi di crescita andrebbero valutati e confrontati anche in relazione al livello di sviluppo economico)”. Curiosa l’uso della parentesi.


viii – Marital Ze Belinga, Sortir l’Afrique de la servitude monétaire, La dispute, Paris, 2016. p 195


ix – Massimo Amato qui https://financecue.it/franco-cfa-lanalisi-del-professor-amato/13322/


x – Bruno Charbonneau, France and the New Imperialism: Security Policy in Sub-Saharan Africa, Routledge, 2008.


xi – Franc CFA: Kako Nubukpo répond au président Ouattara, Eco d’ici eco d’ailleurs par Jean-Pierre Boris, RFI, 2 marzo 2019. http://www.rfi.fr/emission/20190302-afrique-nubukpo-kako-economiste-franc-cfa-ouattara-president-ivoirien


xii – Harcourt Fuller, From Cowries to Coins: Money and Colonialism in the Gold Coast and British West Africa in the Early 20th Century, Georgia State University, 2009.


xiii – Iroko, A. Félix cit in Mahir Saul, Money in Colonial Transition: Cowries and Francs in West Africa, American Anthropologist, 106(1):71–84 2004


xiv – Fanny Pigeaud e Ndongo Samba Sylla, L’arme invisible de la francafrique, une histoire du fanc CFA, La Découverte, 2018. p 15-16


xv – Fanny Pigeaud e Ndongo Samba Sylla, op. cit. p 161


xvi – J. Stigliz, op cit.


xvii – Franck Ouattara e George M. Lady, Pegged currencies, catalyzer or hindrance to economic development in poor nations: The West African example of the CFA Franc, Temple University, 2017.


xviii – Martin Hallet, The role of the euro in Sub-Sarahan Africa and in the CFA franc zone, European Commission, Economic Papers EMU research, November 2008.


xix – Fanny Pigeaud e Ndongo Sylla, op. cit, p. 173


xx – I vincoli fiscali imposti come parte del criterio di convergenza in seno all’Unione Europe – i limiti sui deficit e il debito relativi al PIL – sono simili a quelli in uso nell’area CFA nonostante le economie divergenti.


xxi – Françoise Proust, L’histoire à contretemps, Paris, Hachette, 1994. p 169


xxii – Nicoletta Fagiolo, Il caso Laurent Gbagbo e il diritto alla differenza, RESET, 16 gennaio 2013.https://www.reset.it/reset-doc/il-caso-laurent-gbagbo-e-il-diritto-alla-differenza e un sito di video testimonianze e articoli sulla crisi Ivoriana https://www.free-simone-and-laurent-gbagbo.com


xxiii – Laurent Gbagbo, Réflections sur la conférence de Brazzaville, Editions Clé , Yaoundé, 1978.


xxiv – Intervista a Kako Nubukpo , RFI, 2 marzo  2019 citata in alto.


Sotto attacco

di Virginia Raggi – La “guerra dei rifiuti” si combatte ogni giorno. E non ci tiriamo indietro, malgrado ostacoli e difficoltà a volte inaspettati.

In queste settimane mi sono rivolta a cittadini, istituzioni, dipendenti di Roma Capitale e della società che raccoglie i rifiuti a Roma: dobbiamo unirci e reagire insieme.

Una chiamata alle armi dopo che due dei quattro impianti di trattamento e raccolta dei rifiuti di Roma sono andati in fiamme negli ultimi tre mesi, 600 cassonetti sono bruciati in due anni, un’isola ecologica è stata incendiata.

Voglio raccontarvi quello che ritengo un importante traguardo: abbiamo riscritto il contratto di servizio tra Roma Capitale e l’Ama, la società che raccoglie e tratta i rifiuti di Roma.

Il contratto di servizio è l’accordo alla base del quale il Comune di Roma Capitale, ovvero tutti i cittadini, garantisce la raccolta della spazzatura. Per decenni il pagamento dei premi ai dirigenti non è mai stato legato alla reale pulizia della città ma solo all’utile di esercizio: se il bilancio di Ama finiva in attivo, i dirigenti venivano premiati.

Noi – dopo due anni e mezzo di battaglie in azienda e una serie di Consigli di Amministrazione cambiati – siamo riusciti ad imporre questa clausola: i dirigenti, che prima venivano premiati in base ai freddi numeri di bilancio, ora dovranno fare i conti con la reale pulizia della città. In qualsiasi città d’Italia sarebbe scontato, ma a Roma non era così.

Tante cose che abbiamo trovato non erano così. Le stiamo cambiando ma il sistema si oppone. Ci vorrà del tempo affinché tutto funzioni ma voglio che sia chiaro: non siamo mai rimasti con le mani in mano.

Ci scusiamo perché sino ad oggi le persone che abbiamo mandato in Ama erano partite bene ma si sono perse lungo il tragitto. Per questo non potevano restare lì. Con questo contratto si cambia prospettiva. Ma invito tutti i cittadini ad esserci vicini. I cambiamenti epocali comportano sacrificio e l’impegno di tutti. Ci sarà chi si ribellerà ma noi dobbiamo andare avanti.

In questi due anni abbiamo avviato la raccolta “porta a porta” per oltre 280 mila persone riducendo i volumi di spazzatura che sono alla base di quella che ho definito la “guerra dei rifiuti”.

Un’altra cosa che forse va ricordata è che, grazie alla lotta all’evasione tariffaria, siamo riusciti a diminuire la tariffa sui rifiuti (Ta.Ri.) per tre anni consecutivi: per l’anno 2019 la riduzione andrà a vantaggio delle utenze non domestiche – bar, ristoranti, imprese ed esercizi commerciali – con una diminuzione media del 6,1% in bolletta rispetto al 2018, grazie ai 16,5 milioni di euro recuperati dall’evasione.

C’è poi una questione culturale. L’azienda da sola non può state dietro a tutti gli“zozzoni”: quegli incivili che sporcano la città lasciando rifiuti in strada e che infangano l’immagine della maggioranza di noi romani.

Questa è una lotta che si porta avanti mettendo insieme Ama, Polizia locale e tanto senso civico in più che porti ogni cittadino a sentire come offesa personale l’insozzamento di Roma da parte di chiunque altro. Il 30% di coloro che abbiamo fermato e multato viene da fuori città.

Quando ero piccola ricordo una bruttissima battuta: traduceva SPQR in Sono Porci Questi Romani. Noi dobbiamo assolutamente cambiarla in “Sono PULITI Questi Romani”, ma dipende solo da ciascuno di noi.

#InsiemeCeLaFacciamo

Autostrade per l’Italia senza vergogna: bonus milionario all’ex amministratore delegato Castellucci

Giorno dopo giorno la tragedia del Ponte Morandi di Genova, datata 14 agosto 2018, assume contorni più inaccettabili.

La settimana scorsa abbiamo commentato la notizia delle indagini a carico di 5 ingegneri legati a Spea Engineering, società controllata da Autostrade per l’Italia e delegata a monitoraggi e manutenzioni. Questi tecnici avrebbero falsificato l’esito di alcuni controlli e comunicato alle autorità competenti test in realtà mai avvenuti.

Oggi, dall’analisi dei bilanci di Autostrade scopriamo che l’amministratore delegato al tempo del disastro del Ponte Morandi, Giovanni Castellucci, nel 2018 ha percepito un compenso totale di 5,05 milioni di euro, dei quali 3,72 milioni di bonus. Avete capito bene: nell’anno in cui un ponte gestito da Autostrade crolla per assenza di manutenzione e provoca 43 morti, l’amministratore delegato si porta a casa un bonus milionario!

Lo stesso si può dire per il Presidente di Autostrade, Fabio Cerchiai, tutt’ora in carica. Cerchiai si è dovuto accontentare di un compenso da 1,28 milioni di euro, inclusi 560 mila euro di bonus.

Davanti all’arroganza del potere, che si porta a casa il malloppo indipendentemente dalla bontà del suo operato, l’indignazione è il minimo sindacale. Bisogna andare oltre: il Ministro Toninelli ha iniziato una difficile battaglia contro il sistema osceno delle concessioni pubbliche, regalate in passato a pochi grandi attori privati che ora possono vivere di rendita, da parassiti, sulle spalle dei cittadini. Non discutiamo nemmeno l’entità milionaria del compenso: se il concessionario avesse curato l’interesse pubblico, manutenendo la rete autostradale e investendo in nuove infrastrutture, neanche ci saremmo interessati alla notizia. La vergogna è che i bonus milionari piovono nelle tasche di indagati per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, come nel caso dell’ex ad Castellucci.

Dobbiamo prendercela con loro, con la società Autostrade che dimostra di non avere alcun rispetto per le vittime e per i genovesi, ma non dobbiamo mai dimenticare che se tutto ciò è stato possibile la responsabilità primaria è di certi partiti che hanno governato il Paese, collusi ad un meccanismo che in cambio di concessioni facili garantiva sostegno politico e consenso.

Sciogliere il nodo incestuoso tra concessionari e politica è la priorità del Ministero delle Infrastrutture, ed è il motivo per cui contro il Ministro Toninelli è in atto da mesi una campagna denigratoria da parte della stampa e dell’opposizione. Una campagna che non porterà a nulla, perché la nostra lotta al sistema marcio delle concessioni non si fermerà.


Imprese: Con via libera corte dei conti tagliamo tariffe Inail e costo del lavoro

  "La Corte dei Conti ha reso operativo il provvedimento, fortemente voluto dal ministro Di Maio, sulla riduzione delle tariffe INAIL. Le imprese risparmieranno fino al 30%. È un taglio sul costo del lavoro che il nostro tessuto produttivo aspettava da tempo ed è un segno evidente della nostra attenzione a chi crea lavoro in questo Paese". È quanto affermano in una nota i deputati del MoVimento 5 Stelle in commissione Lavoro alla Camera.

 "Grazie ai decreti interministeriali del ministro del Lavoro e di quello dell'Economia, il sistema tariffario Inail si adegua a un mondo del lavoro che cambia", proseguono i deputati.
"Il rinnovamento non sarà solo economico, ma realizzerà anche una semplificazione richiesta dalle imprese attraverso la riduzione delle voci tariffarie che scendono da 739 a 595", concludono i deputati.

Ecco tutti i danni dell’austerity – Lo studio Eurispes

Ecco tutti i danni dell’austerity. Lo studio Eurispes “Vincoli di bilancio comunitari e nazionali: l’influenza del Patto di stabilità e crescita sulla finanza delle Regioni ed Enti locali italiani”, realizzato in collaborazione con il gruppo Efdd al Parlamento europeo, analizza l’impatto delle politiche di austerity sull’economica e sulle finanze pubbliche italiane.

SCARICA E DIFFONDI LO STUDIO

Ecco la conferenza stampa in diretta. Partecipano il Presidente di Eurispes Gian Maria Fara, il dott. Giovambattista Palumbo, Direttore dell’Osservatorio Eurispes sulle Politiche fiscali e Laura Agea, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo. I saluti introduttivi saranno a cura di Fabio Massimo Castaldo, vice presidente del Parlamento europeo.

di Laura Agea, Efdd – MoVimento 5 Stelle Europa

“oggi siamo qui per presentare i risultati di uno studio dettagliato dell’Eurispes sui vincoli di bilancio europei che la nostra delegazione ha fortemente voluto e che – come vedremo – conferma la correttezza delle battaglie che abbiamo condotto in questa sede durante tutta la legislatura.

Ma, non solo: questo rapporto aggiunge infatti un ulteriore tassello alla nostra proposta analitica e costruttiva di una nuova Europa, capace di adattarsi e cambiare le proprie normative per essere davvero vicina ai bisogni dei cittadini e dei territori, invece che schiava di assurdi paradigmi economici che la indeboliscono e ne condizionano lo sviluppo economico e sociale.

Come sappiamo bene, in seguito alla crisi economica e finanziaria vi è stato un progressivo rafforzamento delle politiche di austerity con la riforma della governance economica dell’Ue – in particolare tra il 2011 e 2013 – che ha portato, nel luglio 2012, alla ratifica, con il governo Monti, del Trattato sul Fiscal Compact. Trattato che ha introdotto, tra le altre cose, la dannosissima regola del pareggio di bilancio in Costituzione. E noi – vorrei ricordarlo ancora una volta – già allora fummo gli unici ad apporci sia al Fiscal Compact che al pareggio di bilancio in Costituzione.

L’idea di fondo era che, introducendo in Costituzione vincoli al bilancio, ed in particolare, il principio del pareggio di bilancio, se ne rendesse difficile, per il futuro, l’aggiramento, garantendo così un alleggerimento della spesa pubblica e dunque del ricorso all’indebitamento.

Peccato, però, che così facendo Mario Monti e l’allora maggioranza PD-Forza Italia avevano di fatto consegnato la nostra sovranità economica all’Europa e ai falchi dell’austerity. E adesso cercare di sfilarsi da questo vincolo, senza una revisione dei Trattati, significa finire come la Grecia, nelle mani Troika.

La nuova disciplina costituzionale, con la riforma del 2012, ha introdotto misure di tipo strutturale ed esteso i nuovi princìpi alla Pubblica amministrazione e agli Enti territoriali, con tutte le ricadute sul nostro welfare che possiamo immaginare, in quanto gli Enti territoriali sono esplicitamente vincolati a “concorrere” al rispetto dei vincoli europei e dunque degli obiettivi economico-finanziari.

Come purtroppo sappiamo e come evidenziato anche da Eurispes, i vincoli di bilancio incidono anche sul sistema di welfare.

L’inserimento del principio del pareggio di bilancio in Costituzione incide sulla nostra forma di Stato sociale, che, in applicazione dell’articolo 3 della Costituzione, sarebbe tenuta ad intervenire attivamente a favore dei gruppi o delle classi più deboli realizzando il principio di eguaglianza sostanziale e non solo formale. Dal 2012 in poi, a seguito di questo provvedimento, la composizione dei conflitti tra logica del vincolo di bilancio e tutela dei diritti appare invece molto più problematica.

Cito solo una parte dello studio, per noi molto significativa:
“Alla luce di quanto evidenziato, il momento di crisi non sembra dunque essere stato affrontato in Italia, in questi anni, nel modo più efficace, essendo stata focalizzata l’attenzione più sugli strumenti contabili, sulla riduzione di spesa e sul futuro pareggio di bilancio, piuttosto che sugli investimenti, sulla costruzione di infrastrutture e sul rilancio della spesa interna, con anche maggiore attenzione e tutela ai diritti sociali” (pag, 28 rapporto Eurispes)

Noi denunciamo da tempo tutto questo, sia nelle istituzioni italiane che in quelle europee . Le misure di austerity, imposte fino ad oggi, hanno prodotto solo carneficine sociali e lo studio lo conferma.

In seguito alle misure di austerità, un’ampia fetta della popolazione italiana non riesce più ad accedere alle cure per ragioni economiche. Nel 2008, la spesa pubblica sanitaria in percentuale al Pil ha iniziato a decrescere, invertendo uno storico trend positivo e toccando il minimo del 6,4% nel 2018…

Nel 2015, oltre 12 milioni di italiani hanno dichiarato di aver rinunciato alle cure per motivi economici, mentre 7,8 milioni hanno speso tutti i loro risparmi o si sono indebitati per far fronte alle spese mediche.

I draconiani tagli alla sanità hanno anche esacerbato le iniquità socio-economiche. Infatti, dall’inizio della crisi, la percentuale di persone appartenenti al quintile di reddito più povero che dichiara di non aver avuto accesso alle cure per motivi economici, di distanza, o a causa di lunghe liste d’attesa, è cresciuta in modo significativo, raggiungendo quasi il 16% nel 2015. Le persone appartenenti al quintile più ricco, invece, non sono state per nulla intaccate dalla crisi. Similmente, è aumentato il divario tra Nord e Sud, e molte regioni stentano a garantire i Livelli essenziali di assistenza (Lea).

Le regole interpretative sul patto di stabilità e crescita emanante nel 2015 dalla Commissione Europea, con alcune clausole per investimenti e per le riforme strutturali, non sono state abbastanza ambiziose e sono state limitate ad alcuni strumenti come il piano Juncker, oppure applicate ai fondi strutturali solo tramite vincoli rigidissimi.

Da quando siamo al Parlamento Europeo, abbiamo invece sempre insistito su alcuni aspetti sui quali adesso anche lo studio Eurispes ci dà ragione. Mi riferisco, in particolare, a:

1) Lo scorporo dai criteri di deficit della quota delle spese nazionali per il cofinanziamento di fondi europei. Questo, nella pratica, significa due cose, ovverosia – e cito da pag.53 del rapporto Eurispes:
a) promuovere iniziative affinché la quota delle spese nazionali per il cofinanziamento di fondi europei possa essere scorporata dai criteri di deficit e di debito degli Stati membri;
b) escludere dagli aggregati rilevanti del Patto di stabilità le spese sostenute da Enti locali e Regioni per il cofinanziamento dei fondi strutturali europei

2) lo scomputo della spesa per infrastrutture dal calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e cito ancora lo studio: “Appare infatti ragionevole finanziare investimenti in debito dal momento che questo debito potrà essere ripagato con il maggiore gettito fiscale che discenderà dall’aumento del Pil, generato a sua volta da infrastrutture più funzionali. L’Italia è infatti un Paese in cui la spesa pubblica incide per oltre il 50% sul Pil. Tuttavia, la quasi totalità della spesa viene indirizzata in spesa corrente e non in spesa per investimenti. Gli investimenti pubblici, in periodo di recessione o di bassa crescita, hanno effetti moltiplicativi sul Pil. Gli investimenti, inoltre, non rilanciano solo la domanda, ma aiutano a far crescere il rendimento atteso del capitale privato, dunque portano anche più investimenti privati, coi conseguenti effetti positivi sul Pil.

3) Riconsiderare la mission della BCE. Da anni chiediamo una modifica dello statuto della BCE per cambiare l’obiettivo della stabilità dei prezzi – che è stata una ossessione principalmente tedesca – in quello della piena occupazione. Inoltre chiediamo che la BCE possa agire come prestatore di ultima istanza (“lender of last resort”) nel mercato dei titoli di Stato per fornire liquidità agli Stati Membri proprio come fa per il settore finanziario.

4) Modificare la procedura di calcolo del Pil potenziale, ovverosia il livello del Pil che un Paese otterrebbe utilizzando al massimo livello possibile i suoi fattori produttivi: ad oggi il calcolo del pil potenziale è calcolato considerando un tasso di disoccupazione ottimale, che molto spesso è fuorviante, perché non considera la forza lavoro scoraggiata. Per questo motivo la metodologia europea, che sottostima il Pil potenziale di molti Stati membri, va rivista urgentemente.

5) Infine, modificare il valore del debito di riferimento: il 60% del debito/PIL è un valore arbitrale e privo di fondamenti economici. È necessario rivedere al rialzo questo rapporto portandolo, ad esempio, al 90% poiché più realistico (dato che è uguale alla media del debito pubblico a livello UE)

In conclusione, lasciateci dire che alcune delle cose che ripetiamo da anni, e per le quali continueremo a batterci nella prossima legislatura, ormai non sono più tabu. Dobbiamo restituire un futuro ai giovani in Italia e in Europa: le politiche di austerità, che condannano i nostri figli a una povertà materiale e immateriale, hanno fallito. E questa “certificazione” non viene solo da Eurispes, ma dalla realtà dei fatti. Perfino il presidente della Commissione europea Juncker ha recentemente fatto mea culpa parlando di “austerità avventata” da parte delle istituzioni comunitarie e di “scarsa solidarietà” nei confronti della Grecia.

Appare quindi fondamentale, per costruire una nuova Europa, imprimere una svolta decisiva per la revisione di uno strumento normativo che – come suggerito nel rapporto “riesamini, innovi e riorganizzi l’insieme delle norme che hanno sovrapposto e via via integrato le regole strutturali, a partire dal Six pact, per pervenire ad un nuovo punto di sintesi, che riconosca la necessità di sottrarre al vincolo numerico dell’equilibrio nominale e strutturale un’area ben determinata di spese per investimenti produttivi, idonea a funzionare come volano di politiche anticicliche a scala europea” (pag.57).

Infine vorrei concludere citando i due passaggi finali del rapporto Eurispes:

1) il primo, laddove non solo si dice a chiare lettere che congelare gli investimenti nei vincoli di bilancio è analiticamente errato ma, viene addirittura visto come “un’operazione masochistica”;

2) Il secondo – e possiamo prendere spunto dall’annosa questione che in questa legislatura abbiamo affrontato sulle riforme strutturali – è che in realtà la crisi dell’ultimo decennio ha dimostrato che, contrariamente a quanto ci dicono e ci ripetono i falchi dell’austerity, “è proprio la macchina europea – e non i nostri sistemi pensionistici e sanitari – ad avere bisogno di profonde riforme strutturali”.

Ed è su questo che continueremo a lavorare anche nella prossima legislatura: vogliamo riformare l’Europa, non vogliamo distruggerla. Vogliamo passare dall’Europa delle banche e della finanza a un’Europa sociale e solidale, dove i diritti e gli interessi del cittadino vengano messi prima di tutto”.


New York Times: il crollo di Genova e quella luce cruda sull’impero Benetton

Articolo tradotto dall’originale apparso su The New York Times

di David Segal e Gaia Pianigiani

Prima che il Ponte Morandi crollasse lo scorso anno, causando la morte di 43 persone, un professore di Economia, Marco Ponti, sollevò due preoccupazioni fondamentali nei confronti della società privata che gestiva la struttura. La prima riguardava gli enormi profitti di Autostrade per l’Italia, che aveva in concessione il viadotto e 4.000 miglia di strade a pedaggio. L’altra riguardava lo sbilanciamento di potere che c’era tra Autostrade e il Governo italiano. Ponti, che lavorava in un gruppo di tecnici che collaborava con il Governo, ha affermato di ritenere che lo Stato abbia fatto ben poco per monitorare l’operato della società Autostrade.

I Benetton, la famiglia italiana famosa per essere colosso mondiale dell’abbigliamento, controllavano Autostrade. Ponti fu costretto a dimettersi e in seguito fu minacciato dai Benetton con una causa multimilionaria. Il crollo del ponte di Genova è ora oggetto di un’inchiesta penale, con 21 persone indagate, tra cui nove impiegati di Autostrade e tre funzionari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Le autorità stanno esaminando anni di scambi di email e documenti e il contenuto di alcuni cellulari, per cercare di determinare le responsabilità.

Ma al di là della possibile negligenza di Autostrade, il caso ha rivelato anche un’altro fatto: il fallimento dello Stato nella gestione della privatizzazione delle strade a pedaggio. Autostrade ha accumulato enormi profitti, acquisendo talmente tanto potere da far sì che lo Stato diventasse un soggetto totalmente passivo, pur essendone il regolatore.

Sebbene non sia dimostrato che i risultati delle ispezioni sul ponte siano stati manipolati, la società si è nei fatti autoregolata: la compagnia responsabile dei controlli sul ponte Morandi, in effetti, era di proprietà della società madre di Autostrade.

“Il governo è stato ben felice di lasciare che la società prendesse i pedaggi a danno dei conducenti e di condividerne i guadagni”, ha affermato Ponti in una recente intervista telefonica. Non c’è dubbio che il contratto di Autostrade sia straordinariamente favorevole – e redditizio – per i Benetton. Si conclude nel 2038 e consente ad Autostrade di aumentare i pedaggi ogni anno. Gli esperti dichiarano che le ispezioni sono sporadiche, e che in altri Paesi è richiesta una maggiore supervisione dei ponti e autostrade quando sono gestiti dai privati.

Autostrade ha rifiutato un confronto sulle cause del crollo, affermando però di non aver badato a spese per la sicurezza. Solo negli ultimi tre anni e mezzo, la compagnia ha riportato di aver speso più di 10 milioni di dollari per la manutenzione del ponte. Per quanto riguarda il profitto, un portavoce di Autostrade ha affermato che la compagnia si è attenuta ai limiti e non ha mai aumentato i pedaggi di oltre l’1% all’anno. I membri della famiglia Benetton, dei quali nessuno è sotto inchiesta, hanno rifiutato di commentare questa vicenda.

Il crollo del ponte è diventato un caso politico esplosivo, subito colto dal Movimento 5 Stelle, uno dei due partiti populisti della coalizione di governo nata solo pochi mesi prima dell’incidente. I 5 Stelle, da molto tempo, denunciano l’ondata di privatizzazioni in Italia – la maggior parte avvenuta negli anni ’90 – come accordi tra politici e i loro amici. A tal riguardo, la vita e la morte del Ponte Morandi rappresenta una parabola del pasticcio economico e politico attuale in cui si trova l’Italia, e di come si sia giunti a questo punto.

La struttura fu costruita nel dopoguerra come simbolo dell’abilità ingegneristica e dello stile estetico italiano. Dopodiché è stata privatizzata, nella fase in cui l’Italia stava riducendo il debito per ottenere l’adesione all’Eurozona. Il ponte è poi crollato in una fase di stagnazione dell’economia italiana, e le politiche che hanno portato alla privatizzazione hanno suscitato l’odio populista.

Adesso, i Benetton soffrono il loro primo confronto con il rancore covato nel Paese. Per anni, la famiglia ha fatto proprie delle manifestazioni di protesta attraverso una serie di annunci pubblicitari provocatori e socialmente progressisti. Tra questi, uno vedeva il presidente Barack Obama baciare la controparte cinese, sotto il messaggio “Unhate”.

Lungi dal danneggiare la famiglia, quelle pubblicità hanno fatto sì che la loro immagine fosse associata a quella di abili utilizzatori dei media. Quando il Ponte Morandi è crollato, però tale idea è stata smontata e capovolta. Tre giorni dopo la vicenda Il Fatto Quotidiano, quotidiano anti-establishment, ha pubblicato le foto dei Benetton in prima pagina. Il titolo dell’articolo recitava: “Noi paghiamo, i ponti crollano, loro incassano”.

Oggi, quel che resta del Ponte Morandi sembra una scena del crimine. L’accesso all’area è vietato, bloccato da soldati armati. Gli operai hanno iniziato a demolire la sezione occidentale, ma gran parte del ponte è intatta, con un’altezza di 150 piedi sopra al letto del fiume.

Poiché il nome di Autostrade è associato ai Benetton – i fratelli Carlo, Luciano, Gilberto e Giuliana – quando il ponte è crollato, gli italiani si aspettavano una loro reazione. Sono seguiti due giorni di silenzio prima che fosse rilasciata una dichiarazione che esprimeva vicinanza alle vittime, è arrivata tramite Edizione, la holding di famiglia.

Nell’ultima intervista rilasciata prima di morire, nell’ottobre scorso, Gilberto Benetton, 77 anni, spiegava che il silenzio era stato una forma di rispetto. Ma il silenzio ha suscitato l’indignazione generale, segnando un duro colpo per la reputazione dei Benetton. La famiglia, infatti, era prima considerata il volto dell’imprenditorialità del Paese da quando, a fine anni ’90, Autostrade era stata privatizzata.

“È piuttosto ironico che ora vengano dipinti come sanguisughe”, ha affermato Andrea Colli, professore di Storia economica all’Università Bocconi di Milano, “Dagli anni ’90 hanno sempre avuto una reputazione molto positiva”. Nessuno dei fratelli Benetton ha frequentato l’università. Iniziarono la loro attività con un maglione giallo, lavorato a mano da Giuliana quando ancora era assistente in un negozio di tessuti. Carlo Benetton è morto lo scorso luglio a 74 anni.

Oggi ci sono circa 5.000 negozi Benetton in tutto il mondo, con circa 8.000 dipendenti e un fatturato annuo di oltre 1,7 miliardi di dollari. Il nome è diventato un marchio conosciuto a livello mondiale. Verso la fine degli anni ’90, Benetton si trovava a dover affrontare i rivenditori a basso costo, come Zara, cercando di diversificare le attività. Un monopolio naturale come quello rappresentato dalle strade a pedaggio sembrava l’ideale.

Era l’inizio di un’attività estremamente redditizia. Sebbene ancora legati, nell’immaginario collettivo, a un girocollo in cashmere e a pantaloni in velluto, oggi solo il 5% del portafoglio di 14 miliardi di dollari della Benetton proviene dal mondo della moda. Il 50% proviene invece dalle infrastrutture.

Il primo passo della famiglia in questo nuovo mondo era arrivato perfettamente in tempo. L’Italia aveva bisogno di soldi per ridurre il debito, in modo tale da poter entrare nell’Eurozona. Si stava spingendo a favore della privatizzazione di una serie di aziende. Settanta operazioni, alla fine, hanno portato ad arrivare a più di 100 miliardi di dollari. Fondata nel 1950, Autostrade è stata una delle ultime grandi proprietà statali messe in vendita.

I Benetton sono stati alla guida di un consorzio di investitori che ha pagato 2,8 miliardi di euro, corrispondenti a circa 4,5 miliardi di dollari tenendo conto dell’inflazione, per una partecipazione del 30% nella società. Il resto è stato quotato in borsa. I Benetton battono con facilità l’unica offerta rivale di una banca australiana, che avrebbe acquistato solo il 10% della società.

In generale non c’era molto interesse per Autostrade, dicono gli esperti, soprattutto perché il quadro normativo sembrava scoraggiante. Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti aveva un chiaro controllo su entrambe: ispezioni e pedaggi. Almeno sulla carta.

“Ogni investitore sarebbe stato preoccupato”, ha affermato Carlo Scarpa, professore di economia all’Università di Brescia. “I Benetton, però, conoscevano il sistema e avevano capito subito che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che avrebbe dovuto supervisionare l’intera faccenda, era debole. Sono stati in grado di calcolare il peso che la compagnia avrebbe avuto nell’arena politica”.

L’Italia era talmente alla disperata ricerca di soldi che sarebbe stata pronta a concludere un accordo in termini veramente generosi per l’acquirente.
C’erano dei limiti sui prezzi dei pedaggi, ma erano derivati da un sistema descritto come “altamente discrezionale” da Giorgio Ragazzi, professore in pensione di Scienze economiche dell’Università di Bergamo.

Autostrade si era rivelata molto redditizia quando era di proprietà dello Stato, ed è cresciuta ancora di più in mani private. Nel 2003 i Benetton hanno aumentato la loro quota di partecipazione, portando un altro consorzio ad acquistare una quota di maggioranza. Il colosso dell’abbigliamento in Italia e i suoi partner erano diventati, come dice il professor Ragazzi, “i signori dell’autostrada”.

Se i Benetton ne hanno beneficiato, allo stesso modo ne ha beneficiato anche il Tesoro italiano. Autostrade ha versato miliardi di euro nelle casse dello Stato, pagando circa 600 milioni di euro all’anno in tasse societarie, IVA e costi di licenza. Autostrade diventa il modo indiretto con cui governo continua a tassare gli automobilisti. “Il Governo”, dichiara Giuliano Fonderico, professore di Diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, “ha sempre pensato ad Autostrade come ad uno sportello Bancomat”.

Intanto, il ponte Morandi cominciava a mostrare segni di usura. Era già passato attraverso due cicli di manutenzione. Il viadotto si trovava su uno snodo cruciale nella rete di strade a pedaggio della compagnia, e funzionari locali consideravano l’opera un buon modo per ridurre il traffico intenso sulla tangenziale. Ma molti abitanti genovesi non amavano particolarmente l’idea che i ponte si trovasse vicino a casa loro.

La società Autostrade divenne una vera potenza politica, acquisendo forza nei confronti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, costantemente sotto-finanziato.

I Benetton fecero sporadiche e bipartisan donazioni politiche, ma quelle non spiegarono l’influenza della società. Autostrade poteva ottenere favori perfettamente legali per i politici, come la modernizzazione di un tratto di una autostrada locale.

Quando un governo di centrosinistra arrivò nel 2006 al potere, il contratto di Autostrade venne esaminato. Il governo impedì alla società la vendita ad Abertis, un operatore spagnolo che gestisce strade a pagamento, e poi mise un freno ad Autostrade. “Il problema non era la fusione in sé”, disse Antonio Di Pietro, allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in una nota, “ma le regole di concessione troppo favorevoli nei confronti dell’operatore autostradale, tanto che alla fine portano sempre alla cattiva abitudine di aumenti tariffari automatici. “Il governo approvò poi una nuova legge per incoraggiare l’efficienza e ridurre i pedaggi, ma che non ha mai avuto effetto.

Nel 2008, il governo di centro-sinistra cade. Il nuovo governo conservatore di Silvio Berlusconi, un magnate dei media, arriva al potere e modifica la nuova legge per stipulare aumenti annuali dei pedaggi fino alla fine del contratto. Anche se questa legge ha aiutato tutti gli operatori autostradali italiani, Autostrade, la più grande di tutte, è stata quella che ne ha beneficiato di più. Questa legge è stato etichettata “Salva Benetton” dai critici.

Oltre a essere sul banco degli imputati per il crollo del ponte, una questione centrale della tragedia di Morandi è ciò che è successo i controlli di sicurezza. La risposta è che gli ispettori lavoravano per Autostrade più che per lo Stato. Per decenni, Spea Engineering, un’azienda con sede a Milano, ha eseguito le ispezioni sul ponte. Se nominalmente indipendente, Spea è di proprietà della società madre di Autostrade, Atlantia, e Autostrade è anche il principale cliente di Spea. Gli uffici di Spea a Roma sono ospitati all’interno di quelli di Autostrade.Un ex ingegnere progettista di ponti per Spea, Giulio Rambelli, ha descritto il controllo di Autostrade su Spea come “assoluto”.”Approvano persino le promozioni all’interno di Spea”, ha dichiarato Rambelli .Alle richieste di interviste ai rappresentanti di Spea ha risposto il team di pubbliche relazioni di Autostrade. Tre impiegati Spea sono ora sotto inchiesta.

Gli esperti del settore hanno affermato che questo legame ha portato a un potenziale conflitto di interesse.”Gli ingegneri che ispezionavano il ponte avrebbero dovuto preoccuparsi delle proprie responsabilità professionali, compresi i profitti dell’azienda che li stava pagando”, ha detto Linwood Howell, un ingegnere che conduce ispezioni ai ponti in Texas attraverso la sua azienda, XR Structural.Questi potenziali conflitti sono vietati in altri Paesi in cui opera Autostrade. In Cile, ad esempio, le normative bloccano un operatore di pedaggio privato dall’ingaggiare per condurre ispezioni iuna propria società, secondo Mariana Rocha, portavoce del Ministero dei Lavori Pubblici del Paese.

In Polonia, gli operatori di strada a pedaggio possono scegliere i propri ispettori, ma il lavoro è fortemente ricontrollato.”Ci saranno sempre due tipi di ispezioni”, ha dichiarato Adrian Furgalski, esperto di infrastrutture del TOR Transport Consultants Group di Varsavia. “Il primo è ordinato da quella società, ma il secondo è affidato alla Direzione generale statale per strade e autostrade nazionali”.In Italia, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti raramente ha effettuato controlli sulle proprietà di Autostrade. Invece, ha esaminato i documenti forniti da Spea.

Alla domanda sull’accordo, Ulisse Spinnato Vega, portavoce del ministero, ha messo sotto accusa il contratto di Autostrade, affermando in una dichiarazione che “per troppi anni il ministero aveva le mani legate da una concessione autostradale totalmente sbilanciata a favore del concessionario”.”I controlli, così come la responsabilità per la costruzione, sono stati trasferiti all’operatore, considerato il proprietario “come da contratto”, ha aggiunto.Non è vero, Autostrade ha risposto. Il contratto si riferisce alla cessione della gestione delle autostrade, non alla loro proprietà. E i termini conferiscono esplicitamente al ministero poteri per eseguire controlli e ispezioni.Il dott. Fonderico, professore di diritto amministrativo dell’Università Luiss Guido Carli, ha affermato che il ministero in realtà non ha le competenze per svolgere il suo ruolo di supervisione, in particolare su un ponte problematico come il Morandi.

Nel corso del tempo, ha detto, il governo si è comportato in modo come da priorità: cooperare con Autostrade, piuttosto che regolarlo.”Tutto questo”, ha detto, “ha portato a un fallimento del sistema”.Nelle settimane successive al crollo di Morandi, il leader politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha chiesto la revoca dei contratti di Autostrade e la rinazionalizzazione della gestione delle strade. Ma quell’intervento si è calmato. Anche se il rapporto tra Autostrade e il governo è ora definito da pura ostilità, un divorzio è improbabile.La ragione? Se il contratto della società fosse stato risolto in anticipo, lo Stato avrebbe dovuto pagare ad Autostrade il valore residuo del contratto, una somma che poteva superare i 17 miliardi di dollari”. La compagnia avrebbe portato lo Stato in tribunale”, ha affermato Ponti, “e avrebbe vinto”.

Un algoritmo per selezionare i leader politici

di Tanya Todorova – Nell’era digitale i social media stanno plasmando sempre più l’approccio delle persone al mondo reale e il nostro modo di discutere, ma quanto sono sicure queste piattaforme per la nostra salute mentale e chi trae i maggiori vantaggi da tutto ciò? Ci rendiamo conto di quanto il nostro cervello sia ingannato da un fenomeno psicologico noto come “L’Effetto di mera esposizione”? Perché il mondo sta diventando un luogo più insicuro e come possiamo rimuovere la vera causa di questo processo?

Il rapporto Global Emotions di Gallup nel 2017 ha indicato che i livelli di insicurezza sono ai massimi da un decennio. I livelli di tristezza, rabbia, preoccupazione e dolore fisico hanno raggiunto i picchi di dieci anni. Gallup ha speculato su una varietà di ragioni, ma questa tendenza potrebbe essere in parte un risultato delle persone che stiamo eleggendo, come i nostri leader politici e più precisamente dalle serie dei loro tratti personali?

Guardiamo cosa stanno producendo i social media e su cosa si basano i loro algoritmi. Gli scienziati hanno fornito alcune prove del fatto che l’esposizione prolungata allo schermo e ai social media aumentano la depressione, l’ansia e la propensione al suicidio. Secondo il rapporto della Royal Society of Public Health il 63% degli utenti di Instagram sono infelici. Negli Stati Uniti dal 2010 al 2015, i tassi di suicidio degli adolescenti (13-18 anni) sono aumentati del 31% e oggi, in Inghilterra, il suicidio è la principale causa di morte tra i giovani. I social media funzionano come uno strumento condizionante e sono stati sviluppati con modalità che favoriscono l’invidia patologica. In breve, nell’algoritmo dei social media è stata inserita l’aggressività e in alcuni casi questa è stata usata come arma. Nei social media siamo costantemente esposti ad ambienti negativi in cui viene premiata la messaggistica negativa, con l’inevitabile effetto di avvelenare i modelli di pensiero degli utenti. Le conseguenze sono che le nostre menti iniziano a cambiare – la neuroplasticità lo garantisce. Chamath Palihapitiya, fondatore, CEO di Social Capital e ex dirigente di Facebook, ha messo in guardia sulle conseguenze non intenzionali dei social media alla Stanford Graduate School of Business: “Penso che abbiamo creato strumenti che stanno distruggendo il tessuto della società e il modo in cui funziona. I cicli di feedback (retroazione) a breve termine guidati dalla dopamina che abbiamo creato stanno distruggendo il modo in cui funziona la società: nessun discorso civile, nessuna cooperazione; disinformazione, menzogna. Ti stanno programmando.”

Da questo punto di vista, possiamo dire che i social media sono lo strumento più antisociale mai inventato. Le persone con tendenze aggressive e comportamenti antisociali li troveranno il luogo perfetto in cui possono aumentare il livello di tossicità. C’è un gruppo speciale di persone che ne trarrà molti benefici: psicopatici, sociopatici e narcisisti. I tratti di personalità di queste persone sono: mancanza di empatia, diritto, grandiosità, superficialità, rabbia, ira, arroganza ed emozione superficiale. Questi sono una manifestazione di insicurezza patologica, un’insicurezza che viene vissuta a livello sia individuale che sociale. Sfortunatamente, oggigiorno la nostra società apprezza questi modelli e li venera attraverso i social media, i media mainstream e il consumismo. Il nostro sistema attuale premia e ammira persone di successo senza renderli responsabili dei mezzi e degli strumenti con cui hanno raggiunto questo successo.

Le caratteristiche sopra menzionate sono patologie molto frequenti nei leader politici, aziendali, accademici e dei media, ma finché hanno successo, le lasciamo impunite e concediamo loro il permesso di replicare questi schemi abusivi per ottenere più successo. Ma con l’invasione dei social media nella nostra vita quotidiana arriva un’altra minaccia che in realtà segna la base della democrazia diretta. I social media consentono a tutti di trasmettere e diventare familiari a un vasto pubblico. Gli psicologi sanno che il nostro cervello è guidato e fuorviato dalla familiarità. Nel 1965 Zajonc eseguì un esperimento che dimostrò L’Effetto di mera esposizione. Ha mostrato ai partecipanti simboli e immagini e ha chiesto loro di valutare quanto gli piacevano. Poi li ha mostrati ancora e ancora e ha fatto classificare le immagini un numero elevato di volte. Scoprì che le persone avevano una forte preferenza per le immagini, i simboli e le facce che avevano già visto. Se i partecipanti avevano già visto un’immagine, erano più propensi a provare sensazioni positive alla seconda visione. Zajonc ha riscontrato che questo funziona fino alla ventesima visualizzazione, dopo di che l’effetto scompare.

La familiarità genera affetto – e questo sta diventando rapidamente problematico per la democrazia.

In che modo L’Effetto di mera esposizione influenzerà la politica?

Di fronte a una scelta tra una persona anonima o una celebrità televisiva, chi sceglierà la gente? Una scelta logica sarebbe quella di scegliere il candidato più competente, ma molte persone vanno con la persona con cui hanno più familiarità.

Quando creiamo un mondo in cui la psicopatia e il narcisismo diventano necessari per avere successo, abbiamo eliminato il nucleo della nostra umanità: mutualità, rispetto, compassione, pazienza, genuinità, onestà e fiducia. Abbiamo bisogno di creare nuove metriche per il successo: autenticità, compassione, gentilezza ed empatia. Siamo collettivamente responsabili per il cambiamento del sistema attuale e dobbiamo respingere le persone che governano con l’abuso, la paura e la vendetta.

Gli psicologi hanno già sviluppato e validato test con i quali possiamo misurare abilità politiche e tratti della personalità per tutti coloro che vogliono diventare politici. Il cambiamento può cominciare iniziando a usarli per selezionare preventivamente le persone che vogliono essere elette. Ad esempio, il loro profilo psicologico potrebbe essere reso liberamente disponibile come parte del processo elettorale. È tempo di riavere il nostro mondo e chiunque può partecipare attivamente a questo avviando e sostenendo iniziative che obblighino i partiti politici a testare i loro membri con test di personalità.

Agricoltura: Fondo Nazionale Agrumicolo, primo passo verso tutela produttori

"È stato approvato in conferenza Stato Regioni il decreto che istituisce il fondo nazionale per il comparto agrumicolo del ministero dell'Agricoltura: un provvedimento che conferma l'attenzione del governo per questo settore e va nella direzione del lavoro che il MoVimento 5 Stelle sta portando avanti in commissione Agricoltura alla Camera". Così la deputata del Movimento 5 Stelle Maria Marzana, componente della commissione Agricoltura alla Camera e prima firmataria di una risoluzione per il rilancio del comparto agrumicolo.

"Insieme al fondo di 10 milioni di euro, il decreto individua tre punti strategici di intervento che accolgono parte della risoluzione da me presentata in commissione: contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende danneggiate dal virus tristeza, finanziamenti per campagne rivolte alla sensibilizzazione del consumatore, contributi per la promozione delle produzioni agrumicole di eccellenza DOP e IGP" prosegue Marzana.
"Continuerò invece la mia battaglia per affrontare la questione dell'aumento delle importazioni di agrumi dal Marocco, che sta provocando gravi perturbazioni al mercato nazionale e alle regioni meridionali, penalizzando un settore già in grande difficoltà produttiva. L'Italia è il terzo Paese del Mediterraneo per produzione di agrumi e il dodicesimo a livello mondiale. Con questo decreto facciamo un importante passo avanti, ma dobbiamo continuare a dare risposte e a salvaguardare un settore così prezioso per il sistema agroalimentare nazionale", conclude Marzana.

Cultura, con 'Open Access' scienza aperta al grande pubblico contro le differenze sociali

Libero accesso alla ricerca scientifica finanziata con soldi pubblici, modifica del diritto d'autore e potenziamento della divulgazione scientifica in Rai: sono questi i contenuti principali della proposta di legge del MoVimento 5 Stelle 'Open Access', che oggi è stata presentata presso Palazzo Valdina a Roma e che presto approderà nell'Aula di Montecitorio.
All'evento di presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Editoria, Vito Crimi; il presidente della commissione Cultura a Montecitorio, Luigi Gallo; il deputato e relatore della proposta di legge, Paolo Lattanzio; il presidente dell'Associazione italiana per la scienza aperta, prof. Roberto Caso; il direttore delle strategie tecnologiche Rai, Luigi Rocchi.

"Nel diritto d'autore così come immaginato dal MoVimento 5 Stelle c'è anche il diritto di un ricercatore di vedere la propria ricerca scientifica divulgata, diffusa e resa accessibile a tutti. Un diritto che ad oggi non c'è", dichiara Crimi. "È necessario dunque liberare questa conoscenza. Renderla fruibile a tutti è anche un modo per diminuire le differenze sociali".
"Con 'Open Access' si vuole creare un motore della ricerca della conoscenza pubblico, che a partire dal tuo smartphone ti permette in pochi secondi di leggere gli ultimi risultati scientifici pubblicati da università ed enti di ricerca", afferma Luigi Gallo, primo firmatario della proposta di legge. "Puntiamo a un sistema di alta credibilità dell'informazione e a dare uno strumento potentissimo nelle mani della scuola, di chi fa informazione, delle università e di tutti i cittadini".
Paolo Lattanzio pone l'accento sulla promozione di tecnologie innovative per divulgare contenuti scientifici sui canali della televisione pubblica: "Le nuove tecnologie di cui la Rai oggi dispone, come i sistemi 4k e 8k", dichiara, "ci offrono la possibilità di accedere a contenuti culturali e scientifici capaci di coinvolgere il pubblico in una vera e propria esperienza sensoriale, visiva ed uditiva. Questa proposta di legge ha una grande portata culturale perché apre la scienza al grande pubblico e perché individua nei gap culturali e nella povertà educativa le frontiere su cui fare ricerca e innovazione sociale".

Aperture domenicali: basta falsità, continua il percorso della nostra proposta di legge a favore di cittadini e imprese

"Negli ultimi giorni ne stiamo leggendo di tutti i colori -raccontano i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione Attività produttive alla Camer dei Deputati - si critica la proposta di legge sulla disciplina degli orari commerciali perché non bisogna chiudere i negozi la domenica, ma anche perché ci saranno troppe aperture domenicali, qualcuno dice che verranno penalizzati i lavoratori, altri dicono che ne risentiranno i commercianti. Insomma, una serie di polemiche strumentali non basate sul reale contenuto del testo ma solo su posizioni ideologiche e di partito. La verità è che le liberalizzazioni selvagge sono state una sciagura per piccoli commercianti e lavoratori ma anche per l'economia di questo Paese, visto che piuttosto che rilanciare i consumi hanno generato soltanto perdite. Ulteriore balla: lo stop alla proposta di legge: come da regolamento, si aprirà un nuovo ciclo di audizioni, ma l'iter della proposta di legge in Commissione è partito".

"Cosa sta accadendo dunque? Con questa proposta di legge abbiamo raggiunto un compromesso che rappresenta un ottimo punto di partenza per iniziare un percorso che ci consentirà di aiutare tanti lavoratori sfruttati e le loro famiglie, rivitalizzare i centri storici e consentire ai piccoli commercianti di affrontare la concorrenza della grande distribuzione, sempre lasciando ampia libertà a tutti di gestire aperture e chiusure. E' concessa infatti un'ampia discrezionalità - altro che troppe chiusure o troppe aperture - anche per garantire sempre la possibilità di aprire nei periodi turistici e di maggiore afflusso. Ogni testo è certamente sempre migliorabile e il lavoro parlamentare serve proprio a questo. Ma siamo certi che non si può tornare indietro, perché gli interessi dei cittadini sono più importanti degli interessi di qualsiasi lobby".

Scritto da M5S Camera News pubblicato il 14.02.19 21:26

Regioni: Stop odissea per i pendolari, stanziati 3,89 miliardi per Trasporto pubblico

"In Italia il trasporto pubblico è un binario morto e sono tantissime le regioni che non assicurano a pendolari e viaggiatori un servizio efficiente, condannando i cittadini italiani a un vero e proprio calvario quotidiano tra carrozze sovraffollate, degrado, ritardi", spiega Paola Carinelli, portavoce lombarda del MoVimento 5 Stelle in commissione Trasporti alla Camera.
"Il Ministero dei trasporti ha firmato un decreto che finalmente ripartisce le giuste risorse alle nostre regioni stanziando bene 3,9 miliardi di euro per l'efficientamento del Trasporto pubblico locale. Riteniamo che questo sia il vero segnale del cambiamento e che questi siano i giusti investimenti che interessano davvero i cittadini", prosegue Carinelli.
"Tra i destinatari delle risorse c'è anche la Lombardia, con circa 677 milioni, una somma importante che eviterà il rischio di tagli delle corse. Inoltre sono stati sbloccati i 300 milioni di euro del bilancio statale da destinare ai trasporti locali modo che i cittadini non subiscano più decurtazioni del servizio come avvenuto con i governi del passato. Riteniamo questi gli investimenti migliori per il popolo italiano e per chi i mezzi pubblici li usa tutti i giorni", conclude.

Ecco chi è veramente Verhofstadt, il burattino a libro paga di lobby e multinazionali


Guy Verhofstadt ha offeso il popolo italiano e deve chiedere scusa. Non accettiamo lezioni da chi è a libro paga di multinazionali e lobby. Un rappresentante dei cittadini non può essere contemporaneamente pagato dall’industria. Questo è un gigantesco conflitto di interessi che deve cessare!

Noi siamo al servizio dei cittadini e restituiamo anche parte del nostro stipendio. Loro prendono il doppio stipendio perché sono anche pagati dalle lobby. Le regole del Parlamento europeo devono cambiare. Vogliamo sapere quanto viene pagato Verhofstadt. La verità è che hanno paura….le elezioni europee si avvicinano e hanno paura di andare a casa.

Pubblichiamo un estratto del dossier “Whose representatives?” commissionato dalle tre ONG europee Friends of the earth Europe, Corporate Europe Observatory e LobbyControl. VERHOFSTADT, CHI È IL BURATTINO?


“Verhofstadt ha dichiarato di far parte di sette fra Comitati e consigli di amministrazione, incarichi che gli portano in tasca un reddito complessivo non inferiore a 12.003 euro al mese, inclusi i compensi che provengono da due grandi società belghe, Exmar e Sofina (ndr. secondo il Codice di condotta del Parlamento europeo i deputati non sono obbligati a dichiarare il loro reddito esatto ma solo quello racchiuso in una ampia forbice).

Exmar è un gruppo armatoriale belga che opera nel trasporto internazionale di gas e petrolio e, in particolare, è specializzato nel trasporto di gas liquefatto. Il ruolo di Verfhofstadt è di direttore indipendente, una carica remunerata con un assegno inferiore ai 5 mila euro al mese. Sebbene Exmar non abbia ufficialmente dei lobbisti accreditati al Parlamento europeo, i suoi interessi economici sono certamente influenzati dalle leggi e dai regolamenti europei, in particolare nei settori del commercio e dell’accesso ai mercati. Lo dimostra il discorso che lo stesso Verfhofstadt ha tenuto a una cena di gala del settore del trasporto marittimo che si è tenuta a Bruxelles nel marzo del 2015.
(…)
E’ stato riportato che, durante questa cena di gala dal giro altolocato, Verhofstadt abbia esortato il settore del trasporto marittimo ad appoggiare il controverso Trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti (il TTIP), dichiarando che l’accesso alle coste americane “sarebbe una enorme opportunità” per l’industria del settore e farebbe aumentare le compravendite, attualmente bloccate a causa della legge statunitense Jones. Verfhofstadt ha esortato gli armatori europei a “far sentire la loro voce a livello europeo verso tutte le Istituzioni coinvolte nella fase dei negoziati, in modo che il negoziato abbia successo. Ha inoltre dichiarato che il TTIP renderebbe “la vita più facile al commercio globale”.
(…)
Questo caso mette in luce i problemi che possono essere sollevati quando i deputati hanno posizioni nella catena di comando di società con interessi commerciali nei temi che i deputati stessi sono in grado di influenzare: può nascere la percezione pubblica di un possibile conflitto d’interessi.

Stesso discorso vale per quanto riguarda l’altra carica che Verhofstadt detiene, quella di direttore di Sofina (società finanziaria per i Trasporti e le Imprese industriali), una multi miliardaria holding belga. Il compenso di Verhofstadt per questo incarico supera i 10 mila euro al mese.
(…)
Sono clienti di Sofina il gigante energetico francese GDF-Suez, la multinazionale del cibo Danone e la catena di grande distribuzione belga Colruyt. Sofina ha, inoltre, una partecipazione nella società controllata da GDF-Suez, la Suez Environnement; l’anno scorso questa azienda aveva partecipato con una sua offerta alla gara sulla privatizzazione dell’acqua pubblica in Grecia.
(…)
I lauti compensi che Verhofstadt riceve da Sofina potrebbero sollevare dubbi circa un potenziale conflitto di interesse che lo coinvolge in numerosi settori politici in cui il Parlamento europeo legifera e su cui lui stesso, come deputato, deve votare”.

Nato: Bene Trenta su spese per cybersicurezza

"La concezione della Difesa e' profondamente cambiata rispetto al passato e il ministro Trenta ha profondamente ragione sul tema". Lo affermano i deputati del MoVimento 5 Stelle in commissione Difesa. "E' fondamentale - aggiungono - che i Paesi del Patto Atlantico aggiornino i loro piani, perche' anche investimenti mirati al rafforzamento della sicurezza dei civili, come ad esempio quelli riguardanti la cybersecurity e la tutela delle infrastrutture energetiche, pur non essendo prettamente militari, si rivelano ormai strategici e imprescindibili nel contesto attuale. Ad oggi, le guerre informatiche contano quasi quanto quelle portate avanti con i carri armati ed e' giusto quindi, che all'interno della Nato si avvii un processo di profonda riflessione sulle voci di spesa, affinche' anche voci di spesa come la cybersecurity vengono inserite a pieno titolo nel vincolo del 2% del pil da spendere per la Difesa", conclude.

Acqua Pubblica, diritto di tutti

di Beppe Grillo – Lo conosciamo il privato. È nella sua natura agire per privazione, sottrarre alla collettività per dare a sé stesso e fare profitto. Nulla di male, se i beni privatizzati sono disponibili, non essenziali, e si crea libero mercato. Un’aberrazione, quando parliamo di beni vitali come l’acqua.

Riuscireste a immaginare un mondo in cui l’acqua è nella sola disponibilità dei privati, e chi non ha i mezzi non ha accesso ai servizi idrici? Non è lo scenario di un futuro distopico, ma qualcosa di più vicino di quanto non si pensi. Mai come in questi anni l’acqua è stata sotto attacco. Nel 1995 il vice presidente della Banca Mondiale, Ismail Serageldin, disse: “Se le guerre del Ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua“.

Lo sapete che la crisi idrica coinvolge moltissimi paesi? Solo per fare qualche esempio: Israele, India, Cina, Bolivia, Canada, Messico, Ghana, Stati Uniti. In Bolivia negli anni 90 e 2000 la privatizzazione dell’acqua fece vivere situazioni drammatiche alla popolazione, che scese in strada per protestare contro il governo, responsabile di aver venduto l’acqua della regione a un gruppo di multinazionali straniere. Non a caso quel paese ha completamente cambiato politica sul diritto all’acqua.

Anche in Italia in passato i Governi hanno imposto norme sempre più privatizzatrici, sovvertendo il referendum del 12 e 13 giugno 2011, quando oltre 27 milioni di italiani hanno votato SI all’abrogazione delle norme sula remunerazione del capitale dei servizi idrici.

Simili azioni non solo sono un attentato alla democrazia, ma un atto di ignoranza e di repulsione rispetto alla nostra storia. Chi in passato lo ha fatto, con norme come lo “Sblocca Italia” e i Decreti “Madia” del 2016, non sa che Roma fu la prima città a introdurre l’idea di fontane pubbliche con acqua potabile. E che, ancora oggi, è la città con la più alta concentrazione di fontane in tutto il mondo.

In tutta Roma sono presenti più di 2500 fontanelle che i romani chiamano “nasoni”. Spesso sono anche dette “democratiche” perché sono accessibili a tutti e possono essere trovate in qualunque quartiere della città. Esistono da quasi 150 anni e sono il simbolo della storia italiana del diritto all’acqua. A introdurle fu il primo sindaco della capitale liberata, Luigi Pianciani. Un garibaldino, che a dispetto del suo essere massone sapeva di cosa aveva bisogno la gente della sua epoca. Il suo mandato durò solo due anni. Il tempo per dare un esempio capace di gettare una luce che arriva fino ai nostri giorni e illuminare la prima stella del Movimento.

Dopo quasi 10 anni di battaglie, fuori e dentro il parlamento, il 2019 segnerà un traguardo storico: l’approvazione della legge sull’acqua pubblica del Movimento 5 Stelle. Nel testo si chiede che ci sia trasparenza su dati e procedure, per permettere ai cittadini di essere protagonisti consapevoli della gestione di questo bene comune, che rappresenta un diritto umano universale. La legge ridefinisce il sistema di pianificazione e gestione dell’acqua, e lo organizza sulla base di ambiti di bacino idrografico, che rappresentano le competenze naturali di gestione di tutto il ciclo. Inoltre individua gli strumenti necessari per avviare un processo di cambiamento verso una gestione pubblica e partecipata del Servizio Idrico Integrato.

Ma soprattutto afferma un principio: che l’acqua è pubblica, e che l’accesso ai servizi idrici è un diritto di tutti. Il modo giusto per riaffermare che la volontà popolare è sovrana. E dire ai privati “fate i vostri profitti, ma non sui diritti essenziali come l’acqua”.

Da Unione a Comunità col Reddito Universale Europeo

di Beppe Girollo – Siamo in guerra e il nostro nemico è la povertà. Tutti siamo a rischio, nessuno è escluso. Tutti possono perdere il lavoro o avere qualche imprevisto nella vita. Non c’è nessuna colpa.

Il problema è che questa guerra la stiamo perdendo.

Oggi il rischio di povertà e di esclusione sociale nell’UE è allarmante. Da un lato abbiamo i livelli di disoccupazione troppo alti e che colpiscono particolarmente i giovani, dall’altra abbiamo la rivoluzione tecnologica e digitale che sta cambiando i pilastri fondamentali dell’occupazione.

Secondo Eurostat, 113 milioni di europei sono in condizioni di povertà o di esclusione sociale.

Con l’introduzione dell’euro si sono create divergenze economiche tra i paesi membri: di fatto ci sono paesi di seria A e di serie B. Oggi nell’UE ci sono importanti squilibri in termini di investimenti pubblici nell’istruzione, nella sanità o nella sicurezza sociale.

Sicuramente non è l’Europa che voleva Spinelli.

Il vero spettro che aleggia sul sistema sociale di tutti i paesi industrializzati si chiama “automazione”. I processi produttivi e di erogazione di servizi stanno cambiando così velocemente che nessuno di noi sa bene cosa succederà tra 5 anni.

La riposta a questa insicurezza cosmica potrebbe essere il Reddito Base Europeo. Un reddito concesso incondizionatamente a tutti i cittadini dell’UE e ai residenti legali a lungo termine.

Questo rappresenterebbe un modo intelligente per affrontare le urgenti priorità sociali:

  • Ridurre la povertà e le disuguaglianze di reddito;
  • Fornire un reddito che non sostituirebbe i programmi nazionali di assistenza sociale per i disoccupati, ma si aggiungerebbe ad essi;
  • Ridurre gli squilibri economici e sociali eccessivi tra i paesi della zona euro;

Tale Eurodividend sarebbe distribuito a tutti i residenti adulti degli Stati membri dell’UE su base individuale e senza test di verifica o requisiti di lavoro. E potrebbe partire da 200 euro a testa.

Si potrebbe mettere in atto già da domani. Infatti i primi studi dicono che la cifra di 200 euro è ampiamente sostenibile dall’UE e sarebbe un primo passo importante. Concreto.

Un Eurodividend non è destinato a sostituire i sistemi di welfare e di reddito minimo nazionali. Al contrario, fornisce un cuscinetto su cui gli stati membri possono basarsi e adeguarsi per portare avanti i vari programmi di welfare nazionali. Tutto per garantire una vita decente a tutti i cittadini.

L’Eurodividend è un giusto meccanismo redistributivo che garantirebbe a tutti gli europei di beneficiare ugualmente della ricchezza generata dall’integrazione europea.

Ma la domanda che viene spontanea è sostanzialmente una: è sostenibile? La risposta è si.

Il finanziamento potrebbe essere basato su una combinazione dei seguenti prelievi: un’IVA europea, un’imposta sul reddito delle società europee, magari quelle a più alto tasso di automazione, una tassa europea sul carbonio e una tassa sulle transazioni finanziarie europee. In più potrebbe essere integrata da una riassegnazione di alcuni Fondi europei poco usati. Gli strumenti di certo non mancano. C’è bisogno di volontà. Ciò che conta è che il suo finanziamento dipenda dalle risorse proprie dell’UE per stabilire un chiaro legame tra il bilancio dell’UE e i benefici per i cittadini europei.

L’Eurodividend è un progetto concreto, che sta andando avanti a grandi balzi con il sostegno di grandi personalità ed esperti di tutto il mondo. Andate a visitare questo sito per capire quanti attivisti si stanno impegnando sul tema: https://www.ubie.org/

Sarebbe il primo passo fatto davvero verso l’idea dell’integrazione europea.

Per ora parliamo di 200 euro al mese. Sicuramente pochi. Ma già qualcosa su cui contare e da cui partire. Se fossero di più potremmo far studiare migliaia di ricercatori, formare migliaia di persone.

Tutti hanno il diritto di sentirsi realizzati e di vivere la vita facendo ciò che vogliono, non ciò che serve al mercato. Ricordo che la maggior parte delle invenzioni e delle scoperte che hanno cambiato la nostra storia sono state accidentali. Al mercato non serviva la macchina da stampa e l’uomo è sopravvissuto anche prima della penicillina.

Oggi si sta iniziando a parlare di qualcosa che dovrebbe essere su tutti i TG da tempo. Fare in modo che nessuno sia più costretto alla povertà. Un modo semplice e veloce per portare avanti questa discussione non c’è. Ma dobbiamo iniziare a farlo.

Dobbiamo pensare di creare un sistema che formi persone, non lavoratori.

Canapa: un materiale del passato per l’edilizia dell’immediato futuro

di Paolo Ermani – Oltre venti anni fa Beppe Grillo nei suoi spettacoli parlava della canapa facendo vedere dei video degli anni trenta. Spiegava come l’attenzione posta all’epoca sull’aspetto stupefacente fosse solo un modo per denigrarla. Il perché è presto detto, l’industria del petrolio doveva eliminare qualsiasi potenziale concorrente e quindi si dipinse la canapa come una droga, il male di tutti i mali, tralasciando apposta gli altri usi eccezionali e molto più interessanti di quelli in cui si fumava. La strategia del terrore funzionò e la canapa è stata spazzata via lasciando il campo libero ai prodotti petroliferi.

La natura ci ha fornito di una ricchezza e varietà di soluzioni infinita delle quali conosciamo solo una parte minima e lo scoprire materiali naturali che possano esserci utili e non inquinanti, viene ovviamente osteggiato da chi ha interessi a vendere altri materiali o prodotti. Basti pensare alle automobili, alla mobilità che potrebbe essere soprattutto collettiva ed elettrica ma le lobby legate al petrolio vogliono e devono spremere fino all’ultima goccia di profitto prima di eventualmente fare altre scelte.

Non importa se questo significa produrre cambiamenti climatici irreversibili che porteranno all’estinzione della vita umana sulla terra. Quindi si rimane ancorati a motori dell’ottocento e si guidano inefficienti stufe con le ruote, dipinte dalle pubblicità martellanti come meravigliose navicelle spaziali.

Barry Commoner uno dei padri dell’ambientalismo mondiale, negli anni ottanta del novecento diceva che la plastica poteva essere sostituita in moltissimi casi da altri materiali naturali, la canapa è uno di questi.

Pianta meravigliosa, dalla versatilità estrema e che può essere utilizzata in vari settori, dall’edilizia, alla medicina, dal settore dell’abbigliamento ad usi alimentari, dalla cosmetica al settore cartaceo. Una pianta di cui ad inizio novecento in Italia avevamo grandi produzioni e ottima qualità prima che gli interessi dei petrolieri diffusero i loro prodotti. La canapa tra i tantissimi vantaggi ha anche quello che cresce in maniera relativamente semplice e ampie zone dell’Italia hanno un clima favorevole per la sua coltivazione.

Puntare su questa pianta è quindi segnale di lungimiranza a intelligenza.

Nel campo dell’edilizia la ditta Pedone Working di Bisceglie in Puglia, ha sviluppato un sistema di miscela di calce e canapa che serve per l’isolamento termico degli edifici sia con sistemi di mattoni che a spruzzo.

Come associazione Paea che da venti anni tra i vari settori si occupa di bioedilizia, siamo sempre attenti a sperimentare e proporre materiali che siano ambientalmente compatibili ed efficaci nel contenimento energetico. Quindi in collaborazione con la Pedone Working abbiamo deciso di coibentare esternamente la sede dell’associazione con un biomattonedi calce e canapa di 25 cm di spessore, 20 cm di altezza e 50 cm di lunghezza per un peso di 9 chili.

Alla parete di mattoni è stato applicato esternamente un termo intonaco fatto con una miscela di calce e canapa. La lavorabilità e versatilità del materiale in questione è stata molto positiva e ha reso possibile l’intera coibentazione esterna in maniera veloce e senza particolari problemi di sorta.

Il comfort interno è aumentato notevolmente e basta pochissimo riscaldamento per scaldare l’intera abitazione, considerando anche l’installazione di tripli vetri alle finestre.

Da tenere poi presente l’eccezionale capacità di questo materiale come regolatore dell’umidità. Questo esempio dimostra ancora una volta che la vera economia e l’occupazione si possono creare facendo azioni a favore dell’ambiente.

La ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio italiano che è in condizioni pietose, darebbe da lavorare a centinaia di migliaia di persone da subito, facendo risparmiare tantissimi soldi non solo ai privati ma anche allo Stato attraverso la non importazione di combustibili fossili. E i soldi investiti si ripagherebbero con il risparmio energetico ottenuto.

Nel caso della canapa si potrebbe rilanciare in grande stile la sua coltivazione e puntare decisamente su questa fantastica pianta così come saggiamente ha fatto la Pedone Working, facendo ritornare il nostro paese all’avanguardia nell’uso e nella lavorazione.

Per avere prosperità e benessere non ci sono settori migliori e più convenienti di quello ambientale, della bioedilizia, del risparmio energetico e delle energie rinnovabili che danno solo vantaggi, a maggior ragione in un paese come il nostro dalla posizione geoclimatica ottimale.

Agire in questa direzione dà risultati positivi da ogni punto di vista: ambientale, sociale, occupazionale, economico e politico, basta iniziare a farlo seriamente e con convinzione.

Comunità per l’energia e cittadini attivi: una rivoluzione nella nuova Direttiva mercato elettrico

Autore: Dario Tamburrano

Comunità per l’energia e cittadini attivi: la Commissione energia, ricerca e industria ha votato sì all’accordo politico con il Consiglio UE (l’altro co-legislatore europeo) sulla nuova Direttiva mercato elettrico dopo il lunghissimo negoziato che comprendeva anche il Regolamento per il mercato elettrico entrambi da me seguiti in veste di relatore ombra.

Saranno quindi scolpite nella legge (manca solo l’approvazione formale in Plenaria che è di fatto scontata) le premesse per una rivoluzione nella gestione dell’energia elettrica all’interno dell’UE e sono raggiunti i nostri obiettivi principali all’interno di questa direttiva, l’ultima ad andare in porto fra i provvedimenti del pacchetto clima-energia per il periodo 2020-2030.

Gestire i propri consumi aiutando il portafoglio e le energie rinnovabili
La nuova Direttiva mercato elettrico definisce l’organizzazione ed il funzionamento del settore dell’energia elettrica affinché sia coerente con gli obiettivi dell’intero pacchetto clima-energia e stabilisce norme comuni per generazione, distribuzione, stoccaggio e fornitura.

La rivoluzione nella gestione dell’energia elettrica deriva dai diritti – complementari rispetto a quelli sanciti dalla direttiva rinnovabili – che i cittadini singoli o associati si vedono finalmente riconosciuti: il frutto di una nostra battaglia durata anni.

Insieme a questo, ci interessava offrire a tutti i cittadini sia la possibilità di associarsi sia gli strumenti necessari per gestire i propri consumi in modo tale da approfittare delle oscillazioni del prezzo dell’energia: cosa che aiuta il portafoglio ed aiuta anche ad integrare nella rete la discontinua produzione di energia rinnovabile. Missione compiuta: gli articoli dedicati a questi temi sono talvolta perfino migliori di quelli votati dal Parlamento Europeo.

Il diritto a diventare cittadini attivi nel mercato elettrico
Per quel che riguarda i singoli, la direttiva per il mercato elettrico conferma che tutti i cittadini hanno diritto di consumare, stoccare, vendere l’energia autoprodotta; e che anche quando non la producono hanno il diritto di partecipare ai mercati dell’energia – e ai relativi vantaggi monetari – diventando, se vogliono, consumatori attivi: molto più di semplici consumatori.

A questo proposito, la direttiva stabilisce innanzitutto che venga fornita la possibilità di conoscere in tempo praticamente reale l’andamento dei propri consumi elettrici. Dopodiché si aprono varie strade per diventare cittadini attivi.

La prima è quella di stipulare un contratto per l’elettricità a prezzo dinamico, cioè legato alle oscillazioni di prezzo dovute all’andamento della domanda e dell’offerta nell’arco della giornata. Diventa così possibile utilizzare l’elettricità quando è più abbondante e meno costosa e contemporaneamente si favorisce il bilanciamento della rete elettrica, al cui interno immissione e prelievi di energia devono compensarsi: il bilanciamento non è né facile né scontato, alla luce della crescente ed intermittente produzione di energia rinnovabile. Tutti gli operatori con più di 200.000 clienti saranno soggetti all’obbligo di fornire contratti a prezzi dinamici.

“Vendere” negawatt di elettricità attraverso un aggregatore

Un altro dei modi per diventare cittadini attivi è partecipare a schemi di efficienza energetica. Un altro ancora: prelevare l’elettricità proveniente dalla rete elettrica nei momenti in cui essa è abbondante e poco costosa, stoccarla in batterie o nei “serbatoi” delle auto elettriche e infine cederla nuovamente alla rete nei momenti è più scarsa e più cara.

I cittadini, stabilisce la direttiva, possono agire ciascuno per proprio conto o in gruppo. Il riferimento è sia alle comunità dei cittadini per l’energia, sia alla possibilità di stipulare un contratto con un aggregatore, che partecipa al mercato dell’energia elettrica combinando e vendendo i consumi dei propri clienti: o anche combinando e vendendo il loro risparmio di energia e i loro mancati consumi. E’ il concetto di negawatt.

Le comunità per l’energia e il diritto a condividere l’elettricità prodotta dagli impianti comuni

A proposito delle comunità dei cittadini per l’energia, la direttiva per il mercato elettrico riconosce il diritto dei singoli ad unire le forze per partecipare attivamente al sistema dell’energia elettrica e raccogliere i frutti di questa partecipazione. Le comunità per l’energia rinnovabile, per le quali abbiamo ottenuto il riconoscimento dei diritti all’interno della direttiva rinnovabili, diventano così una sorta di sottoinsieme delle comunità dei cittadini per l’energia che partecipano al mercato elettrico.

Il controllo delle comunità dovrà essere nelle mani dei cittadini. Le grandi società dell’energia non potranno entrare nella stanza dei bottoni, nel senso che esse avranno la possibilità di partecipare alle comunità, ma le decisioni più importanti verranno prese dai cittadini e dalle piccole e medie imprese che non sono già coinvolte nel settore dell’energia.

Viene riconosciuto alle comunità dei cittadini per l’energia un altro diritto, molto importante e per il quale ci siamo battuti fino in fondo: il diritto a condividere al proprio interno l’elettricità prodotta dagli impianti della comunità – che possono essere dislocati in luoghi diversi – anche facendo uso delle ICT, cioè delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Esse comprendono fra l’altro le tecnologie a registro distribuito (come la blockchain) e il virtual net metering. E’ stato arduo convincere il Consiglio UE a riconoscere questo diritto, ma ce l’abbiamo fatta. Non è stato possibile invece ottenere un riferimento esplicito alla condivisione dell’energia attraverso il virtual net metering o la blockchain, ma proveremo a rimediare nella legislazione nazionale.

Reti di distribuzione appartenenti alle comunità per l’energia
Nello stesso modo, non è stato possibile ottenere per le comunità dei cittadini anche il diritto a possedere e gestire la propria rete di distribuzione dell’energia elettrica. Non che sia vietato: tuttavia è a discrezione degli Stati membri.

Non certo ultimo in ordine di importanza, c’è anche il tema della povertà energetica: i cittadini che non sono in grado di acquistare l’energia sufficiente per scaldarsi, cucinare eccetera. Abbiamo invano chiesto una definizione a livello UE di questa situazione e le azioni conseguenti: il Consiglio UE rifiuta di riconoscerlo come un problema generale. Toccherà agli Stati membri, anche grazie agli strumenti che la Commissione Europea si è impegnata a fornire, valutare quanti cittadini si trovano in povertà energetica: anche se essa non è definita, è previsto che venga combattuta, e la ricognizione della situazione è importante per innescare l’azione degli Stati.

Il Reddito di Cittadinanza andrà anche alle imprese


Le imprese sono il cuore di questo paese, ecco perché il reddito di cittadinanza andrà anche a loro! Abbiamo previsto incentivi molto importanti: le imprese che assumeranno i beneficiari del reddito avranno un incentivo pari alla differenza tra 18 mensilità e il numero di mensilità già ricevute dal beneficiario.

Vi ricordate di Giorgio Bianchi? Se dopo tre mesi che percepisce il reddito viene assunto da un’azienda questa riceverà le restanti 15 mensilità cioè un contributo di 11.700 euro all’anno.

È un incentivo straordinario che spingerà imprese ad assumere il prima possibile i beneficiari del reddito di cittadinanza e prevediamo anche degli incentivi per diventare imprenditori. I beneficiari del reddito che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa nel primo anno, avranno diritto a sei mensilità in più sempre entro i 780 euro al mese.

Per questo lo ripetiamo da sempre, Reddito di cittadinanza fa rima con lavoro!

Reddito di cittadinanza con i fondi europei: il Parlamento europeo vota il cambiamento

“In futuro il reddito di cittadinanza potrà essere co-finanziato con fondi Ue. Lo propone il Parlamento europeo a Commissione e Consiglio nelle nuove linee guida del Fondo sociale europeo plus approvate in plenaria a Strasburgo. Questi stanziamenti prevedono il sostegno a misure di lotta alla povertà come quella varata dal governo del cambiamento in Italia. Le nuove regole del Fse entreranno in vigore nel 2021 e, a partire da quella data, sarà possibile per esempio riformare i centri per l’impiego con gli stanziamenti europei. Questa è una grande vittoria politica del Movimento 5 Stelle che ha lottato per ottenere questo risultato fin dal primo giorno di attività in Parlamento. Con noi l’Europa cambia.

Rispetto alla proposta della Commissione europea, ii deputati europei hanno votato un aumento delle risorse: la dotazione per il periodo 2021-2027 ammonta a 120,4 miliardi di euro. Questi fondi serviranno a coprire misure di contrasto alla povertà, come la Garanzia per l’infanzia rivolta al contrasto della povertà infantile, e la lotta alla disoccupazione giovanile. Adesso la palla passa ai triloghi (i negoziati fra Parlamento, Commissione e Consiglio). Faremo di tutto perché la posizione del Parlamento europeo non venga annacquata dai soliti falchi dell’austerity. E lo faremo con più forza a partire da maggio, quando con le elezioni europee porteremo il cambiamento anche in Europa.

Ps. Non dite a Maria Elena Boschi che il Partito Democratico ha votato a favore del cofinanziamento del reddito di cittadinanza. La cena da 6.000 euro le potrebbe andare di traverso.

di Rosa D’Amato e Laura Agea

Azzeriamo i fondi a partiti e fondazioni europee. In Europa basta sprechi

Autore: MoVimento 5 Stelle Europa

I cittadini pagano, i partiti spendono. In Europa c’è un sistema ben oleato di finanziamento pubblico a partiti e fondazioni che in pochi conoscono: tutte le delegazioni, presenti al Parlamento europeo, hanno dei fondi messi a disposizione per costituire dei partiti politici europei e delle fondazioni europee. Basta 1 europarlamentare che si iscriva a un partito con rappresentanti in almeno 1/4 degli Stati membri e il gioco è fatto.

COME SPENDONO I SOLDI?
I partiti e le fondazioni europee devono giustificare le loro spese. Ecco quali sono quelle rimborsabili:
– per riunioni e di rappresentanza
– per pubblicazioni
– spese amministrative
– per il personale e di viaggio
– tutti i costi relativi alle campagne per le elezioni europee

Per il 2019 sono stati previsti 50 milioni per i partiti politici europei e 19.7 milioni per le fondazioni politiche.

I PARTITI ITALIANI E I FONDI EUROPEI DA SPARTIRSI
Avete mai sentito parlare dell’Alleanza per la pace e la libertà? O della Coalizione per la vita e la famiglia? Ecco l’elenco di tutti gli improbabili partiti europei che si spartiscono una torta di 50 milioni l’anno. Il Partito democratico, per esempio, è parte della famiglia del PES che ha raccolto oltre 43 milioni di euro dal 2008 al 2018. La parte del leone la fa il Partito popolare europeo che ha racimolato in 10 anni quasi 54 milioni di euro. Sono ben sei i partiti italiani che fanno parte del PPE: Forza Italia, Udc, Alternativa popolare, Popolari per l’Italia, Svp e il Partito autonomista tirolese. Non rinunciano ai rimborsi anche i Verdi e molti partiti di destra.

Fra i partiti beneficiari di questi fondi c’è anche un fantomatico Partito democratico europeo: ha sede a Bruxelles e ha raccolto oltre 6 milioni di euro negli ultimi 10 anni. Peccato che il link del sito web pubblicato dal Parlamento europeo è fantasma. Sparito! Non si conoscono, dunque, i beneficiari.

Oltre ai fondi ai partiti, una stessa famiglia politica può ottenere fondi attraverso anche delle fondazioni. Ecco il link a tutte quelle che ricevano finanziamenti. Con 5,8 milioni erogati nel 2018, il centro di studi europei Wilfried Martens (collegato al PPE) è quello che ha ricevuto più fondi pubblici.

IL MOVIMENTO 5 STELLE RINUNCIA A QUESTI FONDI
Il Movimento 5 Stelle è diverso da tutti i partiti. La delegazione del MoVimento 5 Stelle ha rinunciato totalmente alla possibilità di usufruire di questi fondi perché non ha aderito a nessun partito europeo o ne ha creato uno nuovo. Rinunciamo a circa 3 milioni di euro. Noi siamo la dimostrazione concreta che si può fare politica senza pesare sulle tasche dei cittadini. In questi anni al Parlamento europeo, i grandi gruppi politici hanno bocciato tutti i nostri emendamenti al bilancio per azzerare questi fondi e restituirli ai cittadini. Dopo le elezioni di maggio, saremo l’ago della bilancia del prossimo Parlamento europeo e la lotta a questi sprechi sarà la nostra priorità. La nostra idea di democrazia è: i cittadini partecipano, le forze politiche scelgono. E cambiano.

Carige, Di Maio: “Non abbiamo dato un euro alle banche”. E apre a Paragone su commissione d’inchiesta: “Camera si muova”

Il Fatto Quotidiano

Il vicepremier M5s su Facebook ha pubblicato un post per smontare in dieci punti "le balle" dei giornali sul decreto in sostegno dell'istituto ligure. L'intervento è stato fatto alla luce degli attacchi Pd, ma anche delle perplessità espresse da un senatore molto vicino al leader come Gianluigi Paragone e da Elio Lannutti. Entrambi chiedevano l'intervento di Bankitalia

“Non abbiamo messo un euro nelle banche. La Camera si muova ad approvare la commissione d’inchiesta”. Luigi Di Maio è intervenuto su Facebook dopo gli attacchi del Pd e alla luce delle critiche sollevate dai senatori M5s Elio Lannutti e Gianluigi Paragone. Ieri sera il governo ha infatti varato un decreto che introduce misure urgenti a sostegno di Banca Carige: l’intervento è stato fortemente contestato dalle opposizioni, con l’ex premier Matteo Renzi in prima fila e i parlamentari dem che hanno annunciato un’interrogazione accusando il premier Conte di conflitto d’interessi sul caso. “Quante balle dei giornali, di Renzi e della Boschi”, è stata la replica di Di Maio. “Proprio loro parlano”. E ha poi elencato i dieci punti per smontare quelle che per lui sono false ricostruzioni. Il vicepremier M5s ha quindi chiuso aprendo alla richiesta di Paragone e Lannutti di fare una commissione d’inchiesta: “Ma secondo voi”, è la conclusione, “se stessimo aiutando le banche i media e questi politici falliti continuerebbero a farci la guerra? Svegliaaaaa!!! La Camera dei Deputati si muova ad approvare l’istituzione della commissione di inchiesta sulle banche. Ne vedremo delle belle”, è la conclusione. E ha quindi rivolto un sollecito a Montecitorio, dove la guida è affidata al presidente M5s Roberto Fico e proprio il governo può contare su una larga maggioranza. In mattinata già il leader del Carroccio Matteo Salvini era intervenuto per rispondere alle polemiche: “Abbiamo difeso i risparmiatori”, ha dichiarato. Il leghista e presidente della commissione Bilancio al Senato Alberto Bagnaiinvece, interrogato dalle telecamere de ilfattoquotidiano.it, ha scelto di non rispondere e ha scelto invece di fare una nota: “Il provvedimento”, ha detto, “interviene su un contesto che il presente governo ha ricevuto in eredità. L’attuale governo è intervenuto con tempestività per evitare, senza espropriare alcun risparmiatore e proseguendo nella sua azione di tutela e valorizzazione del credito locale, che diversi interventi legislativi del Pd hanno sacrificato a beneficio della finanza internazionale”. In difesa del provvedimento invece, si è schierato il sottosegretario del Carroccio ai TrasportiEdoardo Rixi: “Il crollo di questa banca, dopo quanto successo con il ponte Morandi, porterebbe il nordovest al Medioevo”.

Così la democrazia diretta legittimerà ancora di più il Parlamento

Autore: Riccardo Fraccaro

Sulla democrazia diretta va fatta chiarezza per sgomberare il campo da alcune critiche che non trovano fondamento. La Stampa ha pubblicato questo mio intervento in merito. Vi prego di leggere e condividere.

L’avvio dell’esame delle riforme sta generando un interessante dibattito sul rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa. L’intervento di Sofia Ventura, su queste pagine, merita delle precisazioni puntuali che in qualità di ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta mi sento in dovere di fornire anche a benefico dei lettori.

In sintesi, la proposta per introdurre una forma di iniziativa legislativa rafforzata prevede che 500.000 cittadini possano elaborare un progetto di legge da sottoporre al Parlamento, che avrà 18 mesi di tempo per esaminarlo. Le Camere potranno approvarlo oppure respingerlo, dando luogo al referendum. Potranno anche approvarlo con modifiche. Se soddisferanno i promotori questi rinunceranno alla consultazione, viceversa si terrà un referendum su entrambi i testi.
Evidentemente non si tratta di uno strumento con il quale mettere in discussione i diritti e le libertà dei singoli e delle minoranze. La proposta, prima di essere presentata, dev’essere infatti sottoposta alla Corte costituzionale.
Non è nemmeno uno strumento incompatibile con le dimensioni delle democrazie moderne. La riforma introduce un nuovo tipo di referendum che dà voce alla rinnovata volontà di partecipazione attiva.

È sbagliato sostenere che la proposta costringerà il ricorso continuo al voto perché è richiesto un consistente numero di firme per la presentazione delle proposte e la legge di attuazione specificherà il numero massimo di leggi che potranno essere presentate.
Anche il timore che questa riforma metta a rischio le finanze pubbliche è infondato perché, se essa prevede delle spese, deve anche provvedere per le relative coperture sotto il controllo dalla Corte costituzionale.

Lungi dal consentire il prevalere di minoranze organizzate, la proposta favorirà la partecipazione al voto grazie dall’assenza del quorum. I presentatori infatti si mobiliteranno per il sì, contrari per il no e il dibattito pubblico sarà più articolato.

Quanto al rischio che la riforma possa delegittimare il Parlamento, è vero l’esatto contrario. Consentire ai cittadini di organizzarsi per sottoporre certi al Parlamento rafforzerà la sua legittimazione. Le Camere avranno il tempo di meditare anche una soluzione più conforme alla volontà popolare di quella dei promotori.
La proposta della maggioranza parlamentare, quindi, si iscrive pienamente nel paradigma delle democrazie liberali. La loro storia, del resto, è fatta di continui aggiustamenti, volti non solo a rafforzare le libertà e ad estendere i diritti ma anche ad aumentare le forme della partecipazione. Così il suffragio, prima ristretto, è stato progressivamente allargato. Allo stesso modo, le forme di decisione diretta del popolo sono state estese. Già nel 1948 la nostra Costituzione ha introdotto vari tipi di referendum. La proposta in esame continua dunque su questa strada, introducendo una nuova forma di partecipazione diretta del popolo per far funzionare meglio le istituzioni rappresentative.

Tagliamo gli stipendi dei parlamentari italiani, i più pagati del mondo

Autore: MoVimento 5 Stelle

L’indennità dei parlamentari italiani è quella più alta in tutto il mondo. Sì, è proprio vero. E lo rivela uno studio inglese raccontato quest’oggi dal quotidiano il Mattino. Un triste primato tutto italiano che indigna ogni singolo cittadino!

Secondo lo studio inglese, i veri “Paperoni” sono i parlamentari italiani con uno stipendio medio di oltre 120mila sterline annue. Subito dietro troviamo Australia e USA con circa 117 e 114 mila sterline annue.

Non c’è gara con i parlamentari degli altri Paesi europei. Secondo lo studio inglese, infatti, gli italiani guadagnano il 60% di euro in più rispetto alla media europea.

Tra stipendio, diaria, rimborso spese di soggiorno, budget per lo staff, rimborso per telefonate e spese informatiche, un parlamentare italiano può portare a casa anche 16mila euro al mese. Cifre completamente spropositate e nettamente superiori agli altri Paesi europei. In Francia, ad esempio, scrive il quotidiano il Mattino, la retribuzione media al mese di un parlamentare è di circa 7mila euro lordi. In Spagna l’indennità lorda è di 2800 euro al mese.

A questa vergogna tutta italiana, dobbiamo anche aggiungere un altro triste primato: siamo il Paese con più parlamentari al mondo. Sono quasi 1000 i parlamentari, 630 alla Camera e 315 al Senato (più i senatori a vita). Secondi solamente al Regno Unito. Per questo motivo, oltre al taglio degli stipendi dei parlamentari, quest’anno taglieremo anche il numero dei parlamentari.

Il taglio agli sprechi e dei costi della politica a carico dei cittadini è una battaglia storica del MoVimento 5 Stelle ed è anche una priorità di questo governo. E dopo l’eliminazione dei vitalizi e il taglio alle pensioni d’oro ci apprestiamo a tagliare anche stipendi e numero dei parlamentari. Così eliminiamo gli ultimi privilegi della casta e investiamo i milioni di euro di risparmi ottenuti a favore dei cittadini!

Questa si chiama Politica!

Tutta la verità sulle pensioni

Autore: MoVimento 5 Stelle

Alcuni sindacati, quelli rimasti muti quando i partiti distruggevano i lavoratori e votavano la Legge Fornero, si stanno mobilitando contro il governo per una misura contenuta nella Manovra del Popolo. Si tratta del nuovo schema di indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione.

Diciamo subito una cosa: fino a tre volte l’assegno minimo le pensioni verranno adeguate al 100% rispetto all’aumento dei prezzi. Siccome la pensione minima nel 2018 si è attestata a 507,42 euro, significa che tutte lepensioni fino a 1.522,26 euro lordi, che sono il 41% del totale, dal 2019 saranno aumentate almeno di quanto aumenteranno i prezzi. I sindacati che protestano fingono di non sapere che per molte di queste pensioni ci saranno aumenti considerevoli grazie alla Pensione di Cittadinanza, che andrà ad aumentare le pensioni minime fino alla soglia dei 780 euro mensili (nel caso di un pensionato che vive da solo e non ha casa di proprietà). E dimenticano anche che con Quota 100 tutti i lavoratori con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi versati potranno scegliere di andare in pensione prima rispetto a quanto stabilito dalla pessima Legge Fornero. Due misure di giustizia sociale che gli itliani aspettavano da anni.

Per chi percepisce dalle 3 alle 4 volte la pensione minima (dai 1.522 ai 2.029 euro lordi mensili) l’adeguamento all’inflazione sarà del 97%. Pensate che negli ultimi 4 anni è stata del 95% e senza un nostro intervento sarebbe scesa al 90% nel 2019. In termini materiali significa che considerando un’inflazione 2019 stimata all’1,1%, un pensionato con 1.523 euro al mese avrebbe visto il proprio assegno aumentare di 15 euro, mentre grazie alla nuova indicizzazione il suo assegno mensile aumenterà di 16,25 euro.

Per chi percepisce una pensione superiore dalle 4 alle 5 volte rispetto a quella minima l’adeguamento sarà del 77%, dalle 5 alle 6 volte sarà del 52%, dalle 6 alle 8 volte del 47%, dalle 8 alle 9 volte del 45% e infine per chi percepisce una pensione oltre 9 volte superiore a quella minima l’adeguamento all’inflazione sarà del 40%. Questo a fronte di uno schema che senza il nostro intervento avrebbe visto l’indicizzazione delle pensioni dalle 5 alle 6 volte la minima passare dal 50% al 75% e quelle dalle 6 alle oltre 9 volte la minima passare dal 45% di adeguamento all’inflazione al 75%! Un bel regalo per i pensionati d’oro.

Prendiamo il caso di un pensionato che ogni mese riceve un assegno 10 volte superiore alla pensione minima, cioè 5.072 euro lordi. Questo pensionato vedrà aumentare il suo assegno mensile di 22,5 euro invece che di 42 euro, ossia quanto avrebbe ottenuto con la nuova rivalutazione al 75%. Un mancato aumento di 19 euro e 50 centesimi, per un totale annuo di 234 euro lordi.

Andiamo avanti convinti che diminuire le diseguaglianze non produce solo equità, ma anche maggiore crescita economica. I benefici li raccoglieranno tutti.


Quante tasse (non) pagano le multinazionali e quell’Europa da cambiare che non vuole un fisco equo

Autore: MoVimento 5 Stelle Europa

Il Parlamento europeo, durante l’ultima sessione plenaria di Dicembre, ha votato due proposte di direttive sulla “presenza digitale significativa” e sulla tassazione dei servizi digitali,approvandole entrambe con una larga maggioranza. In particolare, la Commissione parlamentare per gli affari economici e monetari (ECON) ha incluso nel campo di applicazione della legge un maggior numero di servizi digitali (come Netflix o Amazon) e ha aumentato la platea delle multinazionali tassabili.

Sui temi fiscali, però, il Parlamento europeo ha un ruolo solamente consultivo: questo significa che il Consiglio adotta l’atto senza essere obbligato a seguire il suo parere.
Le proposte del Parlamento sono dettate dal buonsenso, e speriamo che il segnale arrivi forte e chiaro al Consiglio, che ha invece fatto marcia indietro sulla digital tax aprendo a un compromesso al ribasso che ‘salverebbe’ la maggior parte delle multinazionali e delle attività digitali.

In questi ultimi cinque anni di legislatura europea si sono susseguiti uno scandalo fiscale dopo l’altro: Luxleaks, Panama Papers, Cum/ex. A questi è corrisposta la creazione di ben 4 commissioni di inchiesta, incaricate di indagare sulle falle di questo sistema fiscale ingiusto e obsoleto. Le riforme necessarie sono state individuate, le soluzioni sono note, ma rimane sempre e unicamente tutto sulla carta e nei fatti non si fa niente di concreto, per un motivo molto semplice: manca la volontà politica di mettere in pratica le azioni efficaci per spazzare via i paradisi fiscali europei.

La digital tax ha un obiettivo semplicissimo: quello di impedire alle grandi multinazionali del web di continuare a non pagare le tasse mentre macinano profitti enormi, il tutto senza generare alcuna ricchezza nei paesi in cui fanno business. È una situazione inaccettabile: da un lato si trovano le piccole e medie imprese, vessate da un sistema che si accanisce nei loro confronti, dall’altro le multinazionali digitali che agiscono indisturbate, eludendo il fisco senza nessuna conseguenza.

La web tax proposta in Italia non colpisce le piccole e medie imprese
ma va in questa direzione. Tuttavia, in un mondo globalizzato bisogna trovare soluzioni internazionali per tassare l’economia digitale, e il MoVimento 5 Stelle sarà come sempre impegnato affinché si proceda in tale direzione. È ora di dire basta a quest’Europa in cui i paradisi fiscali sono liberi di proliferare, un’Europa pronta a impedire qualsiasi riforma realmente efficace. L’Europa che vogliamo è diversa e si impegna nella lotta all’elusione fiscale.

Giornali ravvicinati del terzo tipo

Autore: MoVimento 5 Stelle

Se un alieno dovesse arrivare oggi in Italia e leggesse solo i giornali per informarsi sull’attualitá questo è ciò che scriverebbe nei suoi appunti:

Strano posto l’Italia. Da anni c’è lo stesso governo che è responsabile delle condizioni pietose in cui si trova il Paese. Disoccupazione, tasse altissime, pensioni da fame, salari bassi, precarietà, sanità allo sfascio, imprese in crisi. Tutta colpa del governo attuale. Per fortuna c’è l’Unione Europea che ha imposto a questo governo sadico e malvagio di inserire nella legge di bilancio il reddito di cittadinanza, l’aumento delle pensioni minime, il taglio delle pensioni d’oro e lo smantellamento della riforma delle pensioni fatta da una tale Fornero in tempi immemori. Forse l’ha fatta proprio questo governo, chissà, i giornali non lo dicono ma deve essere così. Questo governo di pazzi ha addirittura osato aumentare le tasse! Le hanno alzate a quei benefattori che, a quanto capisco dalle pubblicità onnipresenti, sono le compagnie del gioco d’azzardo che svolgono un ruolo fondamentale nella società garantendo felicità e soldi ai cittadini. Hanno alzato le tasse ai benemeriti banchieri e hanno fatto un fondo per risarcire quei poveri idioti che hanno perso i loro risparmi. Chissà dove li avranno persi, ma se sono sbadati è colpa loro, perché non si sono affidati ai banchieri? Pare abbiano anche tassato i veicoli che usano per spostarsi e che rilasciano dei veleni nell’atmosfera. Pensavo fosse una cosa buona, ma i giornali dicono di no. Evidentemente agli umani l’inquinamento fa bene, infatti la zona più ricca del Paese è perennemente avvolta in una coltre di smog tossico. Mah. Strano posto l’Italia. L’ultimo baluardo della democrazia sono proprio i giornali, vorrei capire chi sono i proprietari, ma non riesco ad acquisire queste informazioni, nelle edizioni quotidiane infatti non è specificato. Una cosa curiosa è che gli indigeni del posto sono soddisfatti dell’operato di questo governo e in effetti anche i giornali riportano di un gradimento popolare attorno al 60%. Pare infatti che gli indigeni non si informino sui giornali, ma sui cosiddetti “social media” a cui ancora non sono riuscito ad accedere. Strano posto l’Italia!

Tornando sulla terra siamo orgogliosi di aver approvato la legge di bilancio ieri al Senato e siamo orgogliosi di far lavorare la Camera durante le feste per approvarla definitivamente entro fine anno. In questa manovra ci sono cose che gli italiani aspettano da tanto tempo e non saranno certo le balle di qualche giornale a farle scomparire, l’unico che potrebbe dargli credito è appunto un alieno. Per noi parleranno i fatti. Tua nonna che da febbraio prende una pensione minima più alta. Tuo padre che paga la metà sul capannone aziendale. Tuo figlio che viene assunto perché il lavoro costa meno grazie alle rimodulazioni delle tariffe Inail. Esempi così ce ne sono tantissimi. Si inizia finalmente un percorso per rimettere l’Italia in carreggiata. Il 2019 sarà l’anno del cambiamento.