L’attività di riscossione è oggi uno dei punti più delicati nell’ambito del diritto tributario per varie ragioni. In primo luogo, poiché l’esposizione debitoria gestita dal concessionario della riscossione, gruppo Equitalia ovvero la futura Agenzia delle Entrate riscossione, coinvolge un numero assai rilevante di cittadini contribuenti nonché di piccoli imprenditori, i quali sono gravati da debiti, più o meno grandi, e per le quali (sic.) è difficile, se non impossibile, allo stato attuale, riuscire a ritornare in bonis. Il problema della riscossione è poi legato all’evoluzione della normativa e della prassi di riferimento che ci ha portato, oggi, ad avere un sistema incongruente in efficacia poiché iniquo e ingiusto.
L’attività di riscossione, per essere considerata giusta, deve necessariamente contemperare l’interesse del cittadino al pagamento di quanto dovuto con il minor aggravio possibile, sia in termini di oneri finanziari sia sotto il profilo psicologico, evitando ogni forma di pressione tale da ingenerare uno stato di paura nei confronti delle istituzioni che (sic.) dei soggetti preposti alla riscossione. Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel rapporto sull’evasione fiscale allegato alla nota di aggiornamento al DEF 2015, emerge che il 5,1% delle entrate complessivamente riscosse, deriva dai ruoli, di cui oltre il 60% derivante da rateizzazioni in corso. I dati riportati sono significativi dell’efficacia degli strumenti agevolativi del pagamento rispetto alle procedure di esecuzione forzata.
Tanto premesso, quali dei seguenti obbiettivi si ritengono prioritari? Prima di tutto, l’internalizzazione del servizio di riscossione da parte degli impositori, con esclusione del ricorso agli agenti di riscossione, riducendo così l’aggravio di costi, aggio e mora, a carico dei contribuenti. La madre di tutte le ingiustizie è il proliferare di voci accessorie di costocon cui oramai siamo stati abituati a convivere, ma la cui giustificazione, francamente, è assai discutibile. Invero, sovente capita al cittadino contribuente di trovarsi al cospetto di un debito preteso dal concessionario in cui, oltre all’imposta dovuta, vengono sommate sanzioni, interessi da tardivo versamento, interessi di mora, aggi di riscossione, interessi da rateizzazione e costi di procedura vari.
La sanzione tributaria amministrativa, costituisce già in sé e per sé la risposta punitiva dell’ordinamento tributario alla realizzazione di un illecito fiscale. A quale ratio si sottintendono tutte le ulteriori voci accessorie? Non sono anch’esse un ulteriore aggravio per l’omesso di versamento dell’imposta? Inoltre, se anche volessimo ritenere giusta la previsione dell’interesse, cosiddetto, da tardivo versamento delle imposte, è giusto sovraccaricare anche un ulteriore interesse di mora alla sorte capitale? Per non parlare poi degli oneri di riscossione, le cui modalità di calcolo e la ratio sono censurabili anche sotto altri aspetti.
Secondo punto è certamente il rafforzamento e la razionalizzazione degli attuali strumenti di riduzione dell’indebitamento. Riducendo il ricorso a esecuzioni forzate sui beni personali del debitore, si rende necessaria la revisione della disciplina delle esecuzioni forzate contemperando l’interesse del debitore alla preservazione del proprio patrimonio e sancendo l’inderogabile principio dell’assoluta impignorabilità dell’abitazione principale oggi mitigato dai limiti applicativi delle vigenti disposizioni. Il legislatore ha conferito dei veri e propri superpoteri al concessionario della riscossione per poter procedere con facilità alla riscossione coattiva dei crediti vantati. La tutela degli interessi erariali deve essere contemperata dalla garanzia di procedure giuste ed equilibrate, che non aggrediscano il contribuente debitore con una barbara e violenta irruenza generando danni, spesso sproporzionati, al cospetto del debito.
Terzo punto: introduzione di procedure volte al risarcimento diretto dei danni cagionati dall’attività illegittima dell’amministrazione finanziaria in fase di accertamento e di riscossione. Sul piano delle tutele è giunta l’ora dell’introduzione di procedure volte al risarcimento diretto dei danni cagionati dall’attività illegittima dell’amministrazione finanziaria. Ovviamente, il vantaggio è che il rapporto tra fisco e contribuente, vede il primo una condizione di responsabilità assoluta e il secondo in posizione di assoluta soggezione malgrado i poteri autoritativi del fisco siano molto penetranti e potenzialmente in grado di distruggere un’azienda o di danneggiare sensibilmente il contribuente.
Quarto punto: introduzione del principio di responsabilità patrimoniale dei funzionari pubblici per i danni erariali cagionati dallo Stato. Si rende altresì necessaria l’introduzione del principio della responsabilità patrimoniale e personale dei funzionari pubblici per i danni erariali cagionati dallo Stato. È un principio importante per qualsiasi amministrazione dello Stato. Spesso la gestione sciatta delle posizioni fiscali, comporta gravi danni per l’erario, errori nelle notifiche, contenziosi temerari con pesanti condanne, spese.
Ultimo punto: potenziamento della procedura speciale di sospensione amministrativa della riscossione. Stante l’attuale sistema della riscossione credo che si possa notare una diversa forma di tutela che l’ordinamento ha riservato ai contribuenti, tenuti a pagare il dovuto, e all’erario, che può, dal 1° luglio, agire direttamente attraverso pignoramento diretto sui conti correnti. I contribuenti devono poter essere messi in condizione di conoscere l’origine della pretesa e la fondatezza della stessa e avere il tempo utile per poter dimostrare le proprie ragioni. D’altronde, ante anche novella che introduce il suddetto pignoramento diretto sui conti, l’erario ha sempre avuto la possibilità, e per esso la società di riscossione, di poter agire in via esecutiva. Ciò consentirà al contribuente di superare momenti di particolare difficoltà, di avere più fiducia nelle istituzioni e anche nel fisco.