I conti segreti di Matteo Salvini

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE

 

Dove sono spariti i 48 milioni di euro che il tribunale di Genova vorrebbe mettere sotto sequestro dopo la condanna di Bossi per truffa ai danni dello Stato? Da mesi i giudici di Genova sono a caccia di quei denari. Finora sui conti del Carroccio sono stati però rinvenuti poco più di 2 milioni. E gli altri? «Oggi sul conto corrente della Lega nazionale abbiamo 15 mila euro», ha detto lo scorso 3 gennaio Matteo Salvini, l'aspirante premier, l'uomo che vuole l'incarico di governo e che non perde occasione per ricordare come il suo partito sia senza un quattrino.

Alcuni documenti bancari, tuttavia, aiutano a comprendere meglio che fine ha fatto la ricchezza leghista. Facendo emergere un fatto inedito: sia sotto la gestione di Roberto Maroni, sia in seguito sotto quella di Salvini, parecchi milioni sono stati investiti illegalmente. Una legge del 2012 vieta infatti ai partiti politici di scommettere i propri denari su strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato dei Paesi dell’Unione europea. Il partito che si batte contro «l’Europa serva di banche e multinazionali» (copyright di Salvini) ha cercato di guadagnare soldi comprando le obbligazioni di alcune delle più famose banche e multinazionali.


Ma c'è di più. In questa trama finanziaria si ritaglia un ruolo anche un'associazione finora sconosciuta. Si chiama Più voci. Una onlus come tante, ma di area leghista. Con una particolarità: è usata dalla Lega per ricevere finanziamenti dalle aziende, denari girati subito dopo a società controllate dal partito.

L'associazione è stata creata da tre commercialisti fedelissimi a Salvini nell’ottobre del 2015, nel pieno del processo per truffa contro Umberto Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito. Non ha un sito web, né sembra  attiva nel dibattito pubblico. Di certo, però, su quel conto corrente hanno lasciato traccia lauti bonifici.

Chi ha finanziato la sconosciuta Più voci? L'Espresso, in edicola da domenica 1 aprile, pubblicherà i nomi delle aziende e degli imprenditori (insospettabili leghisti) che hanno offerto il loro contributo alla Lega sovranista di Salvini.

Alle domande de L’Espresso, il partito guidato da Salvini ha preferito non rispondere. Ha commentato, invece, chi ha versato parte dei contributi sul conto della onlus.