Editori in conflitto d'interessi - Primo capitolo: De Benedetti

Oggi continuiamo a parlare di editori in conflitto di interessi, il male dell'informazione italiana. Dopo averli presentati con il post della settimana scorsa, da oggi iniziamo ad analizzarli uno ad uno. Esamineremo gli affari economici e politici di ognuno di loro. Al lettore spetterà il compito di trarre le conseguenze. Dopo aver raccontato gli interessi di ognuno, con successivi post ci occuperemo delle relazioni imprenditoriali e politiche che sussistono tra i vari editori. Diffondiamo il più possibile queste informazioni. Liberiamo l'informazione italiana.

Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Partito Democratico, è il capostipite di una famiglia che controlla un universo di mezzi di informazione. Una galassia che fa veramente impressione. Dalla carta stampata alle radio, da nord a sud, attraverso il gruppo Gedi alimenta, giorno dopo giorno, la mappa del potere mediatico italiano con un conflitto d’interessi grande quanto una casa. Com’è possibile che l’informazione di un intero Paese sia nelle mani di pochi?

La famiglia De Benedetti, tramite il gruppo editoriale Gedi, al cui vertice l’anno scorso è salito il figlio Marco De Benedetti, controlla: La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso, Radio Capital, Il Tirreno, Il Piccolo, Huffingtonpost.it, espresso.repubblica.it, businessinsider.com, nationalgeographic.it, Messaggero Veneto, Il Mattino di Padova, Gazzetta di Mantova, la Provincia Pavese, la Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena, la Nuova Ferrara, Corriere Alpi, la Sentinella del Canavese, Il Venerdì, MicroMega, liMes; Radio Deejay, M20, National Geographic Italia.
VI SEMBRA LIBERA INFORMAZIONE QUESTA?

Non deve più sorprendervi la montagna di fango e di menzogne contro il MoVimento 5 Stelle che ogni giorno viene rilanciata su carta stampata, magazine, quotidiani online, radio, tv ed ogni mezzo di informazione che dipende direttamente o indirettamente dalla galassia De Benedetti. Ma chi è davvero Carlo De Benedetti e perché fa la guerra all’unico MoVimento che finalmente porta avanti gli interessi dei cittadini e che non ha rapporti con lobby, mafie, massonerie, corrotti e corruttori, ladri di Stato e tutti coloro che in questi anni hanno spolpato vivo questo Paese e mandato sul lastrico milioni di famiglie italiane?

De Benedetti è innanzitutto noto per essere l’uomo che ha distrutto la Olivetti, la più grande azienda tecnologica del Paese. È stato coinvolto nelle vicende giudiziarie oscure del Banco Ambrosiano, il cui presidente Roberto Calvi venne trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri, a Londra, il 18 giugno 1982, e sulla cui morte il Gip scrisse che si trattò di un omicidio che coinvolgeva una parte del Vaticano, della mafia e della massoneria (P2). Nel luglio 2008 è stato anche chiamato a far parte del Consiglio di Sorveglianza di Rothschild Banque (Parigi).

A proposito di banche c’è il caso di Sorgenia, società sull’orlo del fallimento, e dei suoi debiti con le banche vicine al Partito Democratico: i 600 milioni contratti col Monte dei Paschi di Siena e gli 8 milioni con Banca Etruria (legata alla famiglia Boschi). In tutto questo, aspettiamo ancora di leggere inchieste sui morti causati dalla centrale a carbone della sua Tirreno Power.

Ma gli intrecci di potere di De Benedetti non si fermano ai grandi industriali, banchieri e uomini d’affari. È la politica il vero campo d’azione “dell’imprenditore” De Benedetti, una storia che parte da lontano e che coinvolge i maggiori esponenti politici degli ultimi 40 anni: Prima e Seconda Repubblica, da Prodi alla finta guerra a Berlusconi, fino ad arrivare alle telefonate con Renzi sul decreto Banche Popolari, dalla cui operazione di investimento guadagna 600 mila euro, procurandosi un’indagine della Consob per insider trading. Una storia fatta di intrecci e affari con la politica, che gli hanno permesso di superare le sue vicende giudiziarie tra prescrizioni e depenalizzazioni, e diventare un vero e proprio protagonista dietro le quinte della politica italiana.

La sua fedina penale è tutt’altro che immacolata: già nel 1993 è stato arrestato per Tangentopoli, successivamente condannato per falso in bilancio (ma salvato dalla depenalizzazione operata da Berlusconi) e per insider trading ai tempi di Olivetti. Per entrambe ha patteggiato oltre 100 milioni. L’insider trading è una specialità della casa, visto che alcuni membri della sua famiglia furono multati per 3,5 milioni su azioni Cdb Webtech nel 2010.

Pur essendo stato protagonista di alcune delle pagine più controverse della storia del nostro Paese, i media (da lui controllati) lo hanno sempre dipinto come un illuminato imprenditore di sinistra. Una sinistra che in tutti questi anni ha spesso cambiato nome, ma mai padrone. Era lui infatti il vero premier ombra del PD renziano, al punto da ascriversi la paternità del Jobs Act, suggerire norme e addirittura ministri. Un’abitudine di vecchia data, come quando nel 1991 propose a Cirino Pomicino di diventare “suo” ministro: “È il marzo 1991 – racconta Pomicino – Carlo De Benedetti viene a trovarmi al ministero del Bilancio. Mi espone un progetto che sta elaborando con diversi amici, industriali e giornalisti, per affidarlo poi ad alcuni uomini politici. A bruciapelo mi chiede: ‘vuoi essere mio ministro?'”.

Non c’è da stupirsi che questo sistema di potere, che da 40 anni tiene sotto scacco il Paese, attacchi il MoVimento 5 Stelle controllando i mezzi d’informazione e manipolando la realtà. I giornalisti, in molti casi sfruttati con paghe da fame, sono le prime vittime di questo sistema malato. Noi difendiamo la libertà di stampa e per tutelarla ci battiamo contro questi grandi editori impuri, legati a doppio filo alla peggior politica e al grande potere economico-finanziario.