Demolito il Ponte Morandi. Ora è tempo di giustizia #StopConcessione

Il ponte Morandi è stato definitivamente demolito e presto comincerà l’opera di ricostruzione, ma l’obiettivo fondamentale, oggi come ieri, è fare giustizia: lo dobbiamo alle persone che hanno perso la vita, ai loro familiari, ai cittadini che ci danno fiducia ogni giorno.

Per fare giustizia occorre punire chi ha consentito che in un Paese come l’Italia un ponte crollasse in testa a 43 persone, uccidendole. Dal punto di vista penale ci penserà la magistratura, ma dal punto di vista politico lo deve fare il governo. E lo farà, perché a Genova è stata la mancanza di manutenzione ad uccidere. Lo ripetiamo forte e chiaro, a scanso di equivoci.

Abbiamo già raccontato il sistema Benetton e la convenzione vergogna che è stata garantita alla società Autostrade per l’Italia (Aspi) dai partiti del passato. A quasi un anno dalla tragedia, però, è bene rinfrescare la memoria:

Aspi ha incassato circa 9,5 miliardi di euro di utili da quando si chiama Autostrade per l’Italia. Se invece si considerano i conti dal 1999, quando è stata privatizzata la gestione della grande rete stradale, la società ha guadagnato oltre 10 miliardi. La gran parte dei quali affluiti sotto forma di dividendi nella holding Atlantia, che li ha utilizzati per remunerare i suoi soci e finanziare l’attività di diversificazione della società.

E gli investimenti? I numeri dicono che negli ultimi anni i profitti sono cresciuti, ma gli investimenti sono calati. Il Ministero dei Trasporti ha fatto sapere che nel 2016 Autostrade ha incassato 3,1 miliardi con 624 milioni di utile al netto delle tasse grazie anche all’aumento dei pedaggi. Al casello il prezzo è salito in 10 anni del 30%. Lo stesso non si può dire per la manutenzione. Le cifre che tutti i gestori (non solo Autostrade per l’Italia) hanno speso in investimenti sono calate e anche la manutenzione di base è scesa in un anno del 7%.

E sapete quanto ha speso Aspi per la manutenzione strutturale del Ponte Morandi? 23 mila euro annui. Nulla. Prima della privatizzazione del 1999, invece, si spendevano 1,3 milioni di euro tutti gli anni sullo stesso Ponte (fonte Commissione ispettiva Ministero dei Trasporti sulle ragioni del crollo). Questa è la tragica differenza tra una gestione attenta agli interessi dei cittadini e una gestione finalizzata esclusivamente al profitto privato.

Autostrade per l’Italia ha lucrato guadagni incredibili da convenzioni blindate per legge, che garantivano i seguenti vantaggi:

1 – Il ritorno al costo medio ponderato del capitale oltre il 10% lordo, corrispondente ad una rendita del 7-8% netto a fronte di rendimenti dei titoli di Stato intorno al 2-3%. Ritorni di capitale altissimi, fuori mercato;

2 – Condizioni capestro nel caso in cui si volesse revocare anticipatamente la concessione, con l’obbligo per lo Stato di risarcire al concessionario i presunti profitti che avrebbe percepito fino alla fine della concessione (nel caso di Aspi fino al 2038);

3 – Extra profitti sui dati del traffico: nei piani finanziari i concessionari tenevano basse le previsioni di traffico per poter giustificare aumenti di tariffa e quando il volume di traffico reale si dimostrava superiore alle previsioni i ricavi tornavano solo in piccola parte in un fondo speciale, mentre la maggior parte veniva intascata dai concessionari;

4 – Scarsi controlli da parte del concedente del Ministero per quanto riguarda la manutenzione: i controlli venivano fatti spesso e volentieri senza andare a provare sul campo le condizioni delle autostrade. Il Ministero “si fidava” delle carte del Concessionario;

Vantaggi tanto più odiosi tenendo conto che la rete autostradale è un monopolio naturale, cioè una infrastruttura che per sua natura non rientra nelle logiche della concorrenza e del libero mercato, perché a livello di costi è conveniente che se ne occupi un solo attore. Regalare un monopolio naturale ad un privato è un delitto, ma farlo alle condizioni folli appena ricordate è anche peggio.

Alle nostre migliaia di piccole e medie imprese si chiede di competere e di pagare costi altissimi per sopravvivere, mentre ai Benetton si garantisce un rendita facile ogni anno, sulle spalle di un servizio pubblico fondamentale.

Dobbiamo mettere fine a tutto questo, e in questo anno di governo abbiamo già iniziato a correggere alcune distorsioni, bloccando ad esempio gli aumenti ai caselli autostradali fino a giugno. Ora tutti i concessionari, compresa Autostrade per l’Italia, hanno deciso che fino al 15 settembre non scatteranno i rincari previsti dal primo luglio. Quando lo Stato torna a farsi sentire i privati si adeguano, se non vogliono pagare dazio.

Ma nel caso di Autostrade il sacrosanto stop agli aumenti delle tariffe non può bastare. Come governo abbiamo il dovere di sottrarre le autostrade italiane dalle mani di chi ha guadagnato cifre mostruose senza investire adeguatamente nella manutenzione e nella sicurezza dei cittadini. Lo stop alla concessione pubblica è un dovere morale.